Home
 
NOEKK The grimalkin Prophecy Productions 2006 GER

Noekk, non è che il nome dietro il quale si nascondono i due polistrumentisti tedeschi Funghus Baldachin, voce, tastiere e chitarre e F.F. Yugoth, batteria, basso e chitarre (in realtà i due nomi non sono quelli anagrafici, per i quali occorre andare a tali Ulf Theodor Schwadorf [aka Markus Stock] e Thomas Helm). Entrambi non sono alle prime armi e hanno prodotto musica sotto il nome di Empyrium a botte di hard cupo e decadente. Come Noekk sono al secondo lavoro, giacché nel 2005 uscirono con “The Water Sprite” un disco che lasciava intravedere una certa predisposizione per un doom ctonio di spirito anni ’70, seppur la lunghezza dei brani teneva duro verso un rock manieristico di confezione. Con questo nuovo lavoro i brani si dilatano, si perde del tutto la forma canzone e i tre lunghi brani che lo compongono, ci fanno leccare i baffi per l’ottima riuscita.
Poco oltre i quaranta minuti il cd si sviluppa in maniera omogenea e coerente e se dobbiamo cercare i riferimenti musicali si potrebbe tentare di esumare la salma dei Rainbow di Ritchie Blackmore se solo avessero dato spazio al grande e fantasioso Tony Carey. Spunti di Black Sabbath e Candlemass ma anche dei VDGG in certi momenti strumentali. La voce di Funghus appare piuttosto impostata sullo stile di un Ronnie James Dio, senza – ovviamente – andarne a toccare i vertici espressivi e di estensione, ma con maggiore enfasi lirica.
Così in questa glittica musicale fatta di antri, caverne oscure, e dungeons le note talvolta percolano dalla volta come gocce umide e appiccicose, asperse quasi come lacrime, talvolta si fanno fiumi sotterranei che scorrono tra concrezioni di lava spenta, erosa e dalle forme spettrali. Nei sotterranei la musica balena tra mica dalle sfaccettature luccicanti, rimbalza con echi psichedelici, per uscire dai buchi del terreno come arpeggio di una trama folk dagli strumenti appena accennati.
I tre brani scorrono come una lunga ed unica suite e molti sono i momenti di rimando ai temi già trattati in precedenza, spesso con il cantato appena sussurrato. Quindi se la prima “Albatross” è idealmente fusa nella seconda “The Grimalkin”, succede che l’avvio di potenza affidato a “Codex Deserta” ci lasci senza fiato, dopo i lievi fruscii di pianoforte del finale della title track.
Un gran bel disco plasmato secondo i dettami di un prog pensato molto bene e non improvvisato. Il Background degli autori si sente ed esce palese tra le tracce.
Questo disco chiede di essere ascoltato più volte, di essere custodito vicino al lettore per essere inserito alla bisogna. Trasuda prog settantiano e spero che vi piaccia quanto è piaciuto a me, perché è veramente degno.

 

Roberto Vanali

Collegamenti ad altre recensioni

NOEKK The minstrel's curse 2008 

Italian
English