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NEVER WASN'T Never wasn't Used Karma Music 2008 USA

Non necessariamente “complicato” significa “originale, bello e meritevole”; talvolta anche qualcosa di semplice o “più” semplice può essere “bello e meritevole”…
E’ il caso di “Never wasn’t” (del gruppo americano omonimo) che abbiamo sottomano.
Album semplice perché arioso, easy listening spesso, molto “americano”… ma un attento e approfondito ascolto permette di cogliere anche sfumature raffinate ed una capacità di sintesi formale che lascia piacevolmente sorpresi. Che poi il risultato, un buon mix fra i migliori Styx, gli Yes era-Khoroshev (beh c’è stata…) con spruzzate di Kansas, possa non piacere, ci può comunque stare…
Non stiamo parlando, ovviamente, né di album epocale né di album dell’anno; episodi leggerini leggerini ci sono eccome (“No more war” su tutte… anche se le tastiere turgide la rivalutano ascolto dopo ascolto), ma è talmente evidente lo sforzo dei 5 “giovinotti” di conciliare melodia a preziosismi strumentali (in brani sempre relativamente brevi), che, nel complesso, il lavoro si può dire riuscito.
Quattro brani su tutti: “Changing seasons” dal classico flavour à la Kansas (e non solo per il vocalist che ricorda molto Steve Walsh); “Leprechaun” più vicina a sentori Styx (e a Dennis De Young in particolare per certa enfasi “baroque’n’roll”); “Undertow” dall’incedere brillante in un rincorrersi continuo fra tastiere e chitarre frizzanti, sempre ben supportate dalla bella voce di Ronny Lapine; “In tune with the moon”, solo apparentemente più convenzionale, ma ricca anch’essa di sfumature per niente banali: dalle maestose tastiere, ai controcanti stuzzicanti, dalla preziosa 6 corde alla consistente e precisa sezione ritmica.
Album, dunque, solo apparentemente di “grana grossa” che potrà, se non conquistare, almeno meritarsi un ascolto (attento!) da parte di quel “popolo prog” che (spesso) si bea solo di ciò che è “complicato”.

 

Valentino Butti

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