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NERONIA Blue circles autoprod. 2008 GER

Prima di tutto è necessario qualche “cenno storico”: i Neronia nacquero all’inizio del millennio sulle ceneri del gruppo new-prog tedesco Ulysses, autore nel lontano 1993 di un unico album intitolato appunto… “Neronia”. Da quella formazione ereditarono il chitarrista Mirko Rudnik e il batterista Robert Zoom, introducendo tra gli altri il cantante e produttore Falk Ullmann. Nonostante la pubblicazione di un album (“Nerotica”) e un buon riscontro di pubblico a coronare le esibizioni live nei club, all’inizio del 2005 la band inizia a frammentarsi, in un processo tutt’altro che indolore iniziato con la defezione del chitarrista e fondatore Rudnik. Dopo un anno di pausa, dedito alla rigenerazione delle energie musicali, il vocalist Ullman organizza una nuova line-up che a questo punto nulla più ha da spartire con i membri originali degli Ulysses, portando con sé il tastierista Rainer Teucher già ospite nel precedente lavoro.
Tutto chiaro? Bene, parliamo della musica contenuta in quest’album, che si inquadra perfettamente nel filone neoprogressivo in voga tra gli anni ’80 e i ’90, composto di nove tracce che mai ci fanno sobbalzare dalla sedia ma capaci di intrattenere più che dignitosamente l’ascoltatore meno esigente e smaliziato.
Siamo in presenza di brani melodici, spesso irrobustiti dalla chitarra ritmica di Rüdiger Zaczyk, che nelle sue uscite solistiche è capace di passare da inflessioni hard-blues a timbriche più liquide; non credo sia corretto parlare di sconfinamenti prog-metal in senso stretto, malgrado il genere sia sfiorato ripetutamente: l’aggressività presente nel sound è in fin dei conti quella propria dei caposcuola (primi Marillion e Pallas su tutti)
Se vogliamo fare paragoni più specifici possiamo certamente citare i Grey Lady Down o gli Shadowland, per la struttura non troppo complessa dei brani e per la voce grintosa ma un po’ monocorde: cio è evidente in brani come “Desert sand” e “Faceless smile”; non mancano spunti che richiamano invece i primissimi e ancora un po’ ingenui Galahad (eloquenti le fughe di synth di “Cold and strange”) o i lavori degli Eloy negli anni ’90, con i loro synth gelidi e distaccati e le tentazioni elettroniche di facile presa.
Ciò che latita un po’ è il coinvolgimento emotivo: anche le power ballads come “Naked pale” hanno un retrogusto di artefatto, meglio quando la band gioca la carta acustica come in “One on one” in cui piano, chitarra classica e un’interpretazione più teatrale spezzano finalmente la pericolosa uniformità di fondo. Non è quindi una sorpresa che verso l’ultimo terzo dell’album l’attenzione inizi a scemare e la formula riveli la sua limitata attrattiva e la tendenza alla ripetitività.
Posso quindi parlare di opera assolutamente nella media delle produzioni odierne, non mi sento di attribuire né particolari lodi né tantomeno demeriti che discostino il giudizio dalla sufficienza. Nulla da eccepire infine sulla qualità di registrazione, su cui può aver influito positivamente la mano di Eroc (veterano delle tecniche di studio ed ex-batterista dei Grobschnitt, ovviamente!) in fase di produzione dei master.

 

Mauro Ranchicchio

Collegamenti ad altre recensioni

NERONIA Nerotica 2003 
NERONIA Limnotapes 2014 

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