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NOOM Noom autoprod. 1994 UK
Quando una copertina può indurre in errore... Osservando l'oscuro artwork di questo CD non si può fare a meno di pensare ad un gruppo dark/sperimentale, impressione prontamente smentita dall'intro percussiva e dal successivo sviluppo di "Stones in the rain", che tutto è fuorché dark. Forse si potrebbe parlare di jazz prog, dal momento che gli strumenti seguono spesso i dettami del jazz per tessere i tappeti su cui sviluppare le composizioni, ma a ben vedere nemmeno tale definizione risulta soddisfacente, visto che la caratteristica più ricorrente della musica di questo quintetto tedesco non sta tanto negli intrecci strumentali, quanto nei momenti cantati assicurati dalla acuta voce di Rainer Ludwig. Cantati che non disdegnano tra l'altro qualche sterzata pop, avvicinando la proposta dei NOOM a quella di alcuni gruppi tedeschi dei primi Ottanta, quali SCARAMOUCHE o CHOICE. Andando per esclusioni siamo quindi più o meno riusciti a definire i connotati di questo CD, che risulta in definitiva abbastanza difficile da catalogare; caratteristica questa di per sé positiva se non fosse per una certa anonimità del risultato finale. Quel che più manca sono probabilmente dialoghi strumentali di un certo spessore, visto che nonostante l'importanza data ai cantati il gruppo non dimostra doti particolari dal punto di vista melodico. Anche quando il quintetto si decide a far lavorare gli strumenti (tra i quali spiccano chitarra e batteria, quest'ultima più per via del missaggio che la pone in primo piano che per effettivi meriti) lo fa in contesti del tutto a sé stanti, come avviene nella fuga pianistica di "Ich bin dein labyrinth" o in "Semispheres" (gli unici due minuti del CD per i quali la copertina acquista un senso). Inutile a questo punto nascondere che l'esordio di questi ragazzi tedeschi non è proprio ciò che si dice imperdibile, possiamo tuttavia riporre in loro fiducia per due ragioni: 1 ) danno l'impressione di non voler strafare; 2) nella suite finale (23') "To be founded on question" riescono a creare numerosi spunti interessanti, con una chitarra che finalmente si lascia andare a qualche melodico assolo e atmosfere vagamente floydiane.
 

Riccardo Maranghi

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