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NITEWALK Darker shades of gray Youngblood Music Promotion 2011 GER

Chiaro riferimento alla storica “A Whiter Shade of Pale” dei celeberrimi Procol Harum, questo “Darker…” dei tedeschi Nitewalk, da pochissimo uscito sul mercato discografico, risulta per certi versi vicino alle ultime cose pubblicate dai connazionali Avantasia: un metal che sposta il suo raggio d’azione dall’epic a quello che è più una sorta di hard-rock, mantenendo comunque l’attitudine “metallica” di base ed inserendo delle chiare ritmiche progressive.
Il prog qui viene proposto in maniera grezza, in un contesto spesso camaleontico. I musicisti risultano essere dei professionisti esperti, avendo militato in parecchi progetti passati. Tanto per dirne una, il batterista Michael Ehré ha suonato con chitarristi importanti come il connazionale ex Scorpions Uli John Roth o lo svedese Kee Marcello, a suo tempo axe-man degli Europe.
Tutte le tracks, all’interno del booklet, sono precedute da delle frasi specifiche tra parentesi. “Immagina di essere…”, a cui poi si aggiunge il tema del brano. Un modo per far entrare l’ascoltatore all’interno della trama di ogni canzone, dando all’intero album un contenuto di tipo “mentale”, che però conduca verso delle immagini tanto oniriche quanto concrete, come del resto la copertina stessa suggerirebbe.
Il prog metal dei Nitewalk piacerà più agli amanti del metallo pesante più evoluto ed elegante, piuttosto che a quelli dell’art-rock. Accompagnati da una buona produzione, i pezzi si assestano più che altro sui ritmi dell’anthem e dei tempi medi. L’iniziale “Treasure Land” è il perfetto esempio di quanto ci si può aspettare: un pezzo sostenuto, cantato molto bene da Daniel Fischer, con una buona melodia che ne invoglia l’ascolto, seguita da una “Gush of Life” che ne bissa le buone impressioni. Ma i problemi sono sostanzialmente due: innanzi tutto l’eccessiva lunghezza; tredici canzoni sono davvero tante, soprattutto in un album in cui le ritmiche non si differenziano molto l’una dall’altra. E poi, intraviste le capacità del chitarrista e tastierista Christian Junglebuth, ci sarebbero voluti degli assoli degni di esser chiamati tali. Ecco, se fin dalla prossima uscita si avrà l’accortezza di tenere a mente questi due aspetti, i teutonici, pur senza dover stravolgere l proprio sound, potrebbero ottenere davvero dei larghi consensi. Pezzi belli ce ne sono, a partire da “Blue”, che parla di un bluesman, passando per “Pet Stories” o la conclusiva “The End”.
Da segnalare comunque la prova sopra la media del bassista Kai Kleinewig e la presenza di Marek Arnold dei Toxic Smile e degli Seven Steps to the Green Door, che ha composto e suonato il piano nella ballad “Gray Angels”.
A risentirci, quindi; ma nel frattempo, “Darker shades of gray” è un più che dignitoso e piacevole inizio.



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Michele Merenda

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