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OLIVE MESS Gramercy Soleil Zeuhl 2002 LET

Un altro valido gruppo proveniente dai territori dell'ex Unione Sovietica sembra deciso a lasciare una testimonianza significativa nel panorama prog-rock internazionale con un disco d'esordio non proprio di facile assimilazione. Gli Olive Mess, attivi dal 1998, pur essendo un gruppo relativamente giovane hanno nei riguardi della musica un'attitudine positiva che si esprime attraverso una ricerca compositiva ardita e alquanto complessa, una ricerca che ha portato i nostri sei musicisti ad avvicinarsi verso antiche espressioni artistiche come la musica rinascimentale e barocca, nonché un certo interesse verso la musica tradizionale irlandese.
L'impianto musicale degli Olive Mess, ad eccezione degli interventi vocali del soprano Ilze Paegle e del liutista Segey Syomin, comunque pone le proprie basi su una struttura rock piuttosto in linea con i grandi classici del progressive, in particolar modo King Crimson, Gentle Giant, pur rimanendo sempre in un contesto artistico estremamente personale sembrano essere i punti di riferimento principale del gruppo, in tal senso l'apprezzabile lavoro alla chitarra di Alexey Syomin sembra confermare questa ipotesi. In realtà le lunghe composizioni contenute in "Gramercy" offrono pochi spunti strumentali di facile lettura, per buona parte del disco l'ascolto potrebbe risultare ostico agli ascoltatori meno preparati. I brani, arrangiati e strutturati con una certa ambizione, sono stati scritti in modo che il risultato complessivo finale possa risultare come una sorta di punto d'incontro fra culture differenti: rock, jazz, musica classica, folk. Questo predisposizione alla sperimentazione ha quindi portato gli Olive Mess a delle scelte stilistiche magari non facilmente condivisibili ma di sicuro fascino, anche se, a dire il vero, una certa inesperienza dovuta probabilmente all'apparente giovane età dei musicisti ha leggermente compromesso la riuscita completa di questo progetto.
Purtroppo la non buonissima qualità di registrazione di "Gramercy" ha in parte ridotto le potenzialità espressive degli strumenti ed ogni tanto si avverte una certa autoindulgenza da parte dei musicisti nel dover per forza complicare all'eccesso dei brani già di per sè di non facile ascolto... a parte questi difetti "Gramercy" rimane sempre un disco di livello più che accettabile, per quanto i suoi contenuti non siano proprio destinati ad un pubblico di vaste proporzioni.

 

Giovanni Carta

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