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ØRESUND SPACE COLLECTIVE The black tomato Transubstans 2007 DAN/SVE

Questo sarebbe il terzo episodio della carriera discografica del collettivo. Uso il condizionale perché nell’arco di nemmeno due anni, oltre ai tre CD ufficiali, sono usciti ben dodici CD live, facenti parte della saga “Picks in Space”. E’ anche vero che la distribuzione di questi prodotti è totalmente inesistente e quindi per poterli avere occorre richiederli direttamente al sito del gruppo, che li masterizza solo su richiesta.
Ad ogni modo, a brevissima distanza dal precedente “It's all about Delay”, eccoci a commentare un nuovo fiume di Space Rock diluito in due lunghissime suite più un brano di chiusura.
Primo dato essenziale è che, a differenza di quanto si ipotizzò per il precedente lavoro, il gruppo non correva per nulla verso la stabilizzazione delle proprie forme musicali, anzi questo nuovo lavoro rappresenta una svolta decisa e importante verso forme di space ritmicamente meno complesse, più aggressive e più dirette. Grazie alla formula che prevede la totale improvvisazione e la registrazione in presa diretta, nell’arco due/tre giorni, l’impatto con il disco è potente, onirico, mentale, ma anche viscerale. Lo schema (non-schema) consente ampia libertà, trasformando il tutto in un fiume musicale corrosivo nei tratti più tortuosi e lineare come un raggio di luce che corre attraverso lo spazio, dove il fiume si cheta e forma ampie anse meditabonde.
Rispetto agli episodi precedenti qui c’è più Space floydiano, c’è più Hard, più Psichedelica. Il disco scorre su tre temi principali i primi due lunghissimi oltre 38 minuti il primo e oltre 32 il secondo, suddivisi in movimenti molto eterogenei dove troviamo, ora distinti, ora miscelati, i temi a loro cari, fatti di fughe di chitarra, risoluti ritmi ipnotici e ossessivi, tappeti elettronici che non sono riempitivo, ma reale corredo sonoro del Collective.
Certi momenti dilatati che possono apparire un po’ stanchi o quantomeno riproposti, sono sempre riscattati da sfuriate Space, da sbalzi trasognati con note appena accennate e ritmiche giocate sui piatti della batteria o, ancora, dagli impressionati “pieni” musicali del gruppo che dispone di tre chitarre e tre tastiere oltre a basso e batteria.
Particolare il secondo movimento della prima suite, “RumBle” dove alle parti musicali si unisce un recitato in lingua slava, intrigante e dal sapore inedito. Molto varia nelle forme con massiccio uso di tastiere la seconda suite e title track, più aggressiva e dinamica la conclusiva traccia “Viking Cleaner” più breve, intorno ai sei minuti, che chiude un lavoro che conferma le grandi capacità del gruppo e evidenzia anche il desiderio di proporre una musica coraggiosa, visti i tempi.
Acquisto obbligato per gli amanti del genere e consigliato a chi sia disposto a frasi un bel viaggio nei meandri di mente e viscere, in maniera decisamente coinvolgente.

 

Roberto Vanali

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