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OH. Metallia (EP) autoprod. 2018 GRE

Questo dovrebbe essere il sesto EP pubblicato dalla polistrumentista ateniese Olivia Hadjiioannou, a cui occorre aggiungere anche il full-length “Synemotion” del 2015. Il nome del progetto musicale è composto dalle iniziali dell’artista, che fa davvero tutto da sola. Chitarre, basso, batteria, percussioni, tastiere, violino, voce… Tutto lei, che in copertina si presenta armata come la dea guerriera Atena, circondata da simboli vari con cui si allude al raggiungimento della sapienza ultima. Il genere è un prog-metal sinfonico e intricato che potrebbe avere come punto di riferimento i Symphony X più aggressivi. Si può parlare di una suite divisa in sei tracce, dove la tensione e la durezza vanno montando sempre di più, non lasciando spazio ad alcun sentimentalismo. Il lavoro è praticamente tutto strumentale, con l’inserimento di vocalizzi aggressivi propedeutici allo svolgimento della storia. Una escalation basata sull’alchimia e l’iniziazione esoterica, probabilmente metafore dell’accrescimento interiore durante il corso della vita. L’iniziale “Red Lion” ha un attacco devastante, con un basso “slappato” complicatissimo, tanto quanto le ritmiche funeste che seguono; si potrebbe pensare ad un classico metal anni ’80, ma la chitarra senza fronzoli e lo strumento a percussione toumperlek ricreano una sorta di rituale caotico che sembra uscito dalle “Baccanti” di Euripide, dove Dioniso appare pericolosamente simile al dio Shiva e la “follia” iniziatica appare inevitabile per liberarsi dalle catene di questa Terra. Il Leone Rosso quindi è il fuoco interiore dell’iniziato, che deve prima morire simbolicamente per poi cominciare il viaggio verso la scoperta della Pietra Filosofale, altra metafora dell’accrescimento individuale. “Bee” parla proprio di questo primo stadio, partendo con un ottimo assolo esotico di chitarra acustica, velocissimo, prima di sprofondare nel caos del disfacimento. La chitarra elettrica suona incessante e vorticosa, come lo sciame d’api del titolo, simbolo della riflessione spirituale che raccoglie il miele dalla Rosa rossa dello Spirito. Un concetto molto vicino a quello dei Rosacroce (pare che Newton fosse realmente uno di essi) e al simbolo stesso delle api del filosofo inglese cinquecentesco Francis Bacon. “Androginy”, dominata da quelle che sembrano delle folate metalliche, è l’alba di una nuova conformazione, quella in cui gli opposti si uniscono facendo nascere un nuovo Essere, preludio di “Resurrection”, situazione che fa emergere definitivamente ciò che sempre è stato interiormente ma che si sconosceva in toto. È l’unione del maschile e del femminile, dominata da sinfonismi caotici ancora più accentuati, tra ritmiche ossessive e spezzate, chitarre ficcanti quasi quanto le grida che emergono dal marasma. I ritmi tribali sono predominanti in “Dragon’s Kiss”, sottotitolata Citrinitas (tutti i brani hanno un sottotitolo alchemico), la combustione della materia il cui colore giallo simboleggia la coscienza che passa dal vago alla luce della consapevolezza. Come si diceva, i ritmi non rallentano ed anzi, alla fine del percorso, divengono ancora più feroci; “Triumph” è il compimento del percorso, l’Opera costituita dalla Pietra Filosofale, che tramuta i volgari metalli in oro, qui caratterizzata dalle chitarre che si avviluppano letteralmente sulla sezione ritmica.
A dire il vero, gli ultimi pezzi sembrano fin troppo uguali tra loro e non apportano nulla di più ai contenuti di questo lavoro. Un peccato, perché la ricerca filosofico-esoterica posta alla base era di tutto rispetto, andando di pari passo con il bel libretto interno che riproduce figure tipiche dell’immaginario alchemico, con tanto di didascalie che spiegano il significato profondo di ogni traccia e immagine. La cara Olivia è degna di considerazione e sarebbe bello che qualcuno producesse professionalmente i suoi album, dandole magari qualche buon consiglio capace di portare a compimento definitivo le sue idee abbastanza interessanti.



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Michele Merenda

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