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PENTWATER |
Ab-Dul |
Beef Records |
2007 |
USA |
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La copertina non invita molto all'acquisto, non ha niente di poetico, niente di particolarmente artistico, nulla che sembri richiamare la grandezza e la magia del progressive rock che questo gruppo proponeva negli anni Settanta. L'ennesimo progetto di distruzione della dignità storica di un gruppo a modo suo fondamentale per la scena musicale progressiva del suo paese? Nulla di più sbagliato e copertina più bugiarda (e brutta) non poteva essere scelta per contenere il materiale qui contenuto. Nel mettere il disco nel lettore non mi sono fatta troppe domande, ma pochi minuti dopo la sorpresa è stata grande… Non lo ricorderete sicuramente (vi invito a recuperare quell'articolo) ma il gruppo rilasciò alla nostra allora cartacea fanzine un'intervista, all'indomani dell'uscita dello splendido "Out of the Abyss", l'album che conteneva materiale inedito risalente agli anni Settanta. Ci venne spiegato che il primo disco della band, l'omonimo album del 1977 ristampato su CD nel 2003, in realtà soffrì molto a causa delle scelte imposte dalla casa discografica che selezionò quanto di più easy listening il gruppo avesse realizzato, tagliando fuori in pratica i pezzi migliori. Quel materiale come sappiamo finì sull'appena citato "Out of the Abyss", stampato su CD dalla Syn-Phonic, e ne venne fuori un piccolo capolavoro che aveva il sapore di una scoperta miracolosa che fece la gioia di tanti appassionati ed il precoce sold out del dischetto. Ebbene, la band dichiarò di avere un archivio di registrazioni molto ricco ed il loro sogno sarebbe stato quello di dare un seguito ad "Out of the Abyss"… e la nostra speranza ovviamente era che l'attesa fosse breve… insomma tutto questo è accaduto con questo album che si presenta come una raccolta di brani risalenti agli anni Settanta, in un arco di tempo che vanno più o meno dal 1975 al 1978, ricostruiti, restaurati e riportati a brillare grazie all'esperienza di Tom Orsi e Mike Konopka (vocalist e mellotronista il primo, vocalist, chitarrista, violinista e flautista il secondo) che hanno lavorato per anni come tecnici musicali. Va da sé che il primo ascolto dedicato a questo CD è stato consumato con grande avidità ed una attenzione maniacale a cogliere tutte le sfumature dei pezzi, con uno stato d'animo dominato dalla sorpresa, dall'esaltazione, dallo stupore… Lo stile è quello riconoscibile del gruppo, dominato dalla sapiente miscela di sonorità ed elementi derivativi a formare un mosaico coloratissimo e lucente, con atmosfere vintage, ampio uso di Mellotron, Hammond e tastiere e inserimenti di un vasto numero di strumenti, fra cui Theremin, mandolino, flauto e violino non in maniera massiva, ma a rifinire gli arrangiamenti come un minuto e prezioso ricamo. Un esempio splendido è la bellissima "Sealed in Today" in cui si fondono suoni rinascimentali con flauto dolce, elementi acustici, tastieristici e richiami vistosi ai Genesis. I riferimenti che possiamo cogliere diffusamente nell'album sono quelli classici che vanno dai Genesis, come appena accennato, agli Yes ai Gentle Giant, con un effetto che spesso ricorda i connazionali Cathedral ed un sapore commuovente di polvere decennale e di incompiutezza che costituiscono in questo caso un valore aggiunto all'opera. Il CD comprende anche un remake di un brano dei Nice, "The Cry of Eugene", al quale la band nella sua formazione originale lavorò negli anni Novanta, (come dichiarato dal gruppo nella solita intervista). Le 17 canzoni che compongono questo album (per una durata complessiva di circa un'ora) non sono tutte agli stessi livelli di "Out of the Abyss" ma sicuramente chi ama la scena progressiva americana degli anni Settanta non può privarsi di un album simile, comunque bello e ricco di elementi interessanti.
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Jessica Attene
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