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ANATOLY PERESLEGIN Fastgod: e-psalms_ Electroshock Records 2002 RUS

Ascoltando la musica contenuta in questo CD mi sono resa conto che è impossibile lasciarla nel lettore come sfondo per qualsiasi tipo di attività, anche poco impegnativa. Persino scrivere degli appunti per la recensione, lasciandola scorrere, diventa quasi impossibile. E' curioso come in un articolo contenuto in una enciclopedia online di musica elettronica venga sottolineato questo stesso concetto: la musica non può essere utilizzata come un sottofondo perché finirà col disturbare qualsiasi vostra attività. E' una musica che reclama per sé l'ascoltatore, che lo tiene avvinghiato come in uno strano sortilegio, che lo incatena a sé e la cui influenza svanisce solo quando spegniamo lo stereo ed il silenzio giunge infine a liberarci. E' oltretutto strano che una musica che si basa su temi sacri risulti così inquietante e quasi nociva per lo spirito. Ma allo stesso tempo questo disco ha un fascino maledetto, ha qualcosa che ci spinge al suo ascolto, qualcosa che ci tiene soggiogati… un po' come l'anello del potere di Frodo ne "Il signore degli anelli" per intenderci. Il forgiatore di questi elementi sonori è il compositore Israelo-Russo Anatoly Pereslegin, qui alla sua seconda prova discografica, ma allo stesso tempo collaboratore nell'ambito di numerosi progetti musicali. Il suo talento è stato notato persino al celebre festival internazionale di musica elettroacustica di Bourges ed il suo spirito di ricerca lo ha portato a sperimentare la fusione fra le arti visive e quelle acustiche in più contesti. Come il precedente "Download the God", pubblicato nel 2000, Anatoly affronta temi di natura religiosa. In particolare sono stati scelti i testi originali dei salmi di Davide, che vengono interpretati dal tenore Ivan Jmaev e dal baritono Yuriy Valenkov. La musica è realizzata con i sintetizzatori di Pereslegin, i cui suoni innaturali si intrecciano con quelli più terreni del violoncello. La gamma sonora utilizzata dall'artista si sforza comunque di cercare qualche legame con quella orchestrale, con timbri che ricordano quelli del pianoforte o del clavicembalo o dell'organo o anche delle campane tubulari ma che hanno qualcosa di sinistro ed innaturale. Non stiamo parlando di rumori ma di musica dalla connotazione orchestrale che ha i ritmi e le pause della musica da camera contemporanea, che conserva delle linee melodiche intelligibili, anche se denaturate, intenzionalmente ostiche e penetranti. Volutamente le composizioni si basano su contrasti e dissonanze ma si ha sempre la percezione dello scorrere rapido e instancabile delle dita di Anatoly sulla tastiera, di qualcosa che insomma abbia a che fare con l'opera di una persona umana e non con una sintesi sonora che tende all'assoluto distacco ed astrattismo. Lo stesso violoncello crea un moto emozionale caldo, nel contesto di una burrasca sonora in cui tecniche moderne si mischiano a vaghi ricordi di canti gregoriani e spettrali barocchismi. Costantemente ci troviamo in una condizione di ansia e tormento ma nonostante questo è davvero difficile porre fine all'ascolto perché, per quanto possa sembrare irreale, questo album ha qualcosa che lega a sé l'ascoltatore in un abbraccio doloroso, tumultuoso, agghiacciante e passionale. Un'esperienza di ascolto forte, che crea un legame complesso e conflittuale fra ascoltatore e opera d'arte, per coloro che non hanno paura della parte oscura che si nasconde dentro l'anima di ognuno.


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Jessica Attene

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