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PANTOKRAATOR |
Tormidesööjad |
autoprod. |
2009 |
EST |
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E' strana la storia di questa band dell'Estonia: nata a metà degli anni '80, quando l'Estonia era ancora parte dell'Unione Sovietica, con tutte le difficoltà della situazione per una rock band, riuscirono comunque a sopravvivere per alcuni anni e a dare alla luce un LP… fino a sciogliersi giusto all'indomani dell'indipendenza della repubblica baltica, cosa che al contrario avrebbe dovuto portare tutti questi gruppi clandestini ad uscire finalmente allo scoperto. Il fuoco comunque covava ancora sotto la cenere, così, agli albori del nuovo millennio, il gruppo, pur non nella formazione originaria ma sempre guidato dal carismatico vocalist Lauri Saatpalu, si riforma e piano piano riesce a ritagliarsi una discreta fetta di notorietà. Pare che, prima di quest'album, i Pantokraator abbiano dato alla luce un altro album, ma le notizie sono controverse, come accade sempre da quelle parti (cioè: l'album esiste e s'intitola "Jäi Servi Seisma", ma non si sa di sicuro se è stato commercializzato). Quel ch'è sicuro è che questo "Tormidesööjad" (ovvero "The Storm Eaters") esiste, è facilmente rintracciabile e ci mostra una band in piena salute, che riesce a confezionare ottimamente, anche dal punto di vista del package, un album con buoni mezzi economici, dalla buona vena Prog ma anche appetibile a chi di Prog non ne mastica molto.
Si tratta infatti di new Prog, abbastanza reminiscente dell'era-Fish dei Marillion, ma ovviamente cantato in estone, cosa non da poco, data la strana musicalità di questa lingua che dà al tutto un sapore molto particolare. I brani sono spesso trascinanti, con ritmiche sostenute ed ampio utilizzo di cori che vanno a contrappuntare il cantato che, sempre in primo piano, è il vero punto focale dell'album. Il gruppo peraltro riesce in un certo qual modo a rivitalizzare un genere ormai stanco come il new Prog grazie all'innesto di elementi tipici estoni e ad una buona vena che permette loro di offrirci dieci canzoni piacevolissime. Il fuoco di fila delle prime tracce, che assaltano i nostri sensi tutte inanellate una dietro l'altra, va a stemperarsi un po' nella seconda parte del CD, con dei brani dall'andatura più riflessiva ma, alla resa dei conti, non meno intriganti delle precedenti. Ottima l'orchestrazione degli strumenti: bella la chitarra, che si produce spesso in begli assoli taglienti, e le tastiere che talvolta ricordano il Mark Kelly dei bei tempi ma che per il resto se ne stanno un po' nelle retrovie. Insomma… questo disco ha rappresentato una sorpresa decisamente piacevole e se qualcuno si chiede perché un album di new Prog estone debba essere migliore di uno -che so- olandese… non posso che consigliare un ascolto, che vale sempre più di mille parole.
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Alberto Nucci
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