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POCKET ORCHESTRA |
Phoenix |
AltrOck |
2011 |
USA |
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Al momento in cui scrivo sopravvivono ben pochi membri dei Pocket Orchestra: il leader, il chitarrista Tim Parr, come molti di voi sicuramente sapranno, è morto precocemente nel 1988, decretando in pratica la fine della band; dieci anni più tardi è la volta del bassista Tim Lyons, a causa di un incidente, ed infine il batterista Bob Sterman, che dal 2004 soffriva a causa di un ictus, se ne è andato nel 2010. La musica dei Pocket Orchestra non aveva avuto sorte migliore: rimasta per anni in un cassetto, venne pubblicata soltanto nel 2005 da una etichetta israeliana che, col suo improvviso fallimento, determinò la scomparsa dal mercato, a pochi anni dalla sua uscita, del CD intitolato “Knēbnagäuje”, contenente tutto il materiale registrato in studio dalla band. Potete infatti trovare la recensione di quel disco fra le “relics” della nostra webzine (e vi rimando alla lettura di quell’articolo per qualche altro approfondimento) proprio perché, purtroppo, la musica dei Pocket Orchestra era diventata un lusso per pochi in pochissimo tempo. Ma, come noterete fra poco, a volte anche le storie più tristi possono trovare un piccolo riscatto grazie a qualche colpo di fortuna! Infatti Marcello Marinone della AltrOck ha scoperto che il tastierista Craig Bork ed il sassofonista Joe Halajan avevano da parte tonnellate di registrazioni dal vivo dei Pocket Orchestra, effettuate negli anni Ottanta. Dopo aver ascoltato tutta questa roba ed aver selezionato accuratamente il materiale, è stato infine deciso di ristampare “Knēbnagäuje” con l’aggiunta di un secondo CD contenente ben un’ora e 19 minuti di musica inedita live. Ecco quindi la storia di questa fenice che si risolleva dalle sue polveri! Avevo indicato l’album “Knēbnagäuje” (nome che deriva dal primissimo monicker dei Pocket Orchestra), come un pezzo imperdibile nella collezione di ogni appassionato di R.I.O. e in effetti è così. La musica di Tim Parr è una mescolanza spettacolare di molteplici influenze provenienti da questo filone musicale, che l’artista conosceva molto bene in tutte le sue sfumature, tanto più che questi conduceva un programma radiofonico di approfondimento sull’argomento. A questa passione Tim univa un maniacale senso della perfezione: era infatti solito registrare tutto quello che suonava per poi lavorarci sopra in seguito e la sua tecnica, così come quella della sua band, era estremamente pulita. I Pocket Orchestra erano famosi per il loro “cobatone”, termine coniato da Tim per indicare delle sequenze suonate in maniera vertiginosa di cui molti esempi potrete cogliere in quest’opera. Il primo CD, come anticipato, contiene due gruppi di registrazioni in studio: le prime quattro canzoni sono state incise in uno studio mobile attrezzato in un furgone nel 1983, mentre le restanti quattro tracce risalgono al 1978-1979 e sono state effettuate negli studi professionali di un College. Negli anni Ottanta la band era sempre in giro per gli States in concerto, spesso assieme agli amici Cartoon, e in pratica i pezzi live e quelli registrati nello studio mobile del primo CD ritraggono il gruppo nello stesso periodo artistico, quello cioè della maturità. Possiamo ammirare un ensemble straordinariamente affiatato ed esplosivo nell’esecuzione della propria musica che è un incredibile impasto di forme e colori in cui intuizioni cameristiche, inflessioni jazz, avanguardia e squarci sinfonici si mescolano in maniera intricata seguendo percorsi imprevedibili ma mai disturbanti per l’orecchio. U Totem, Samla Mammas Manna ed Henry Cow potrebbero essere alcuni punti di riferimento ma quest’opera è in sostanza una piccola enciclopedia del RIO riletta in maniera personale da personaggi senza dubbio capaci. Il disco live è interessante, non solo come testimonianza dell’epoca, ma soprattutto perché contiene tantissimo materiale inedito di ottima fattura, oltre che versioni alternative ed allungate di brani noti come “Blueing” e “Bagon”. I suoni sono stati ripuliti al meglio ed il piacere di ascolto è tutto sommato discreto, anche se non raggiunge per ovvi motivi quello delle registrazioni in studio. Io credo che ci sia poco da girarci attorno: questa pubblicazione è l’occasione che mancava per conoscere finalmente i Pocket Orchestra (quanti di voi hanno il CD della MIO Records?). Per i pochi fortunati che conoscono già quel disco si viene ad aggiungere un complemento prezioso per migliorare la conoscenza di questo grande, ancorché sfortunato, gruppo che sicuramente farà sobbalzare sulla sedia ogni appassionato di R.I.O. e avant prog.
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Jessica Attene
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