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INDREK PATTE |
Celebration |
Strangiato Records |
2011 |
EST |
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Il cuore dell’Estonia è ancora oggi riscaldato dal sacro fuoco del Progressive Rock, corrente musicale che negli anni Settanta veicolava ideali di libertà e che ancora oggi si rinnova sotto diverse forme nel repertorio di tanti artisti. Indrek Patte testimonia con questa sua nuova opera (la prima da solista nella sua carriera) la continuità di questo fenomeno musicale: lo ricordiamo infatti nella vecchia guardia come voce degli storici Ruja nell’album “Kivi veereb” del 1987 e nei Linnu Tee, band quasi leggendaria molto attiva nell’undergound ma non approvata dal vecchio regime, di cui menzioniamo un album omonimo registrato nel 1989 e stampato su CD come autoproduzione nel 1997 ed un disco di inediti uscito nel 2010. Il punto di partenza per inquadrare questo lavoro è proprio costituito dal materiale realizzato con le vecchie band e cioè un Prog sinfonico, molto debitore nei confronti dei Genesis, che allora possedeva un approccio decisamente più ruvido e che oggi è stato meticolosamente ricombinato in una veste più elegante e raffinata, con l’innesto di nuove influenze e nuovi spunti. Il titolo “Celebration” è davvero appropriato per questa che prima di tutto si presenta come una esplicita dichiarazione d’amore verso il Progressive Rock di matrice sinfonica, ordita anche attraverso citazioni abbastanza puntuali. Ce ne rendiamo conto immediatamente, a partire dalla traccia di apertura, che sembra quasi una parafrasi di “Firth of Fifth”, così come la successiva “Learn To Live” ci riporta inequivocabilmente, fin dalle primissime note, a “A Trick of the Tail”. Ma i Genesis non sono i soli ad apparire così nitidamente in questo mosaico: in “Shine” ad esempio il riff di chitarra acustica (e non solo quello a dire il vero) sembra proprio quello di “And You and I”. Le citazioni classiche si associano ad una interpretazione moderna che è propria di band come Flower Kings o Spock’s Beard, come si può apprezzare per esempio in “One Way”, che sembra effettivamente saltata fuori da un cassetto nascosto della camera da letto di Neal Morse. Proprio questa traccia appena citata è una sorta di compendio del moderno prog sinfonico che si fa notare per il sound potente e per la raffinatezza degli arrangiamenti, in cui convergono suoni vintage ed elementi orchestrali sapientemente intrecciati, senza sbavature e senza arzigogoli. Bisogna dire che, accanto a Indrek Patte (che oltre a cantare suona anche le tastiere, la chitarra a dodici corde, le percussioni ed è artefice di tutti gli arrangiamenti), troviamo anche un bellissimo schieramento di musicisti al basso, al flauto, al violoncello, al violino, al sax tenore, alla chitarra elettrica ed acustica e alla batteria. La ricchezza degli strumenti viene utilizzata per plasmare linee melodiche molto ariose e deliziosamente cantabili che si inseriscono comunque in un contesto decisamente sinfonico, fluido e piacevole. Un pezzo come “You Stay With Me” ci riporta invece ad un repertorio AOR oriented che era tipico dei tardi Linnu Tee, decisamente meno stimolante, ma si tratta comunque di un episodio abbastanza circostanziato in un album che è ampiamente fruibile ma mai così scontato. In “Mount Meggido” il sound si rinvigorisce grazie alle chitarre elettriche, alla batteria insistente e alle tastiere dirompenti mentre la voce di Indrek acquista quasi una venatura hard blues. La title track, un concentrato di prog melodico e patinato con deliziosi sinfonismi, fa infine da sigillo di chiusura con i suoi richiami ai Genesis, gli svolazzi tastieristici e le melodie ad effetto con cori cantabili. Avrete capito che qui dentro non c’è nulla di nuovo per le orecchie degli appassionati che troveranno soluzioni musicali a cui sono ampiamente abituati in una veste piacevolmente fruibile, con belle esecuzioni ed arrangiamenti puliti ma credo tuttavia nell’approccio sincero di questo progetto che magari non sarà in grado di farvi sobbalzare sulla seggiola ma che sicuramente vi farà passare una cinquantina di minuti in maniera leggera e gradevole.
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Jessica Attene
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