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PROTOMYTHOS In human sight Protomythos 2013 ISR

Attraverso il nome Protomythos facciamo la conoscenza del musicista israeliano Tom Treivish, che, oltre ad aver scritto musica e testi di tutti i brani del disco, è impegnato alle parti vocali, alla chitarra, alle tastiere e agli effetti ed è il leader di una formazione triangolare completata dal batterista Ethan Raz e dal bassista Adi Har Zvi. “In human sight” è l’album di debutto di Tom, che vegetariano già da quando era sedicenne e vegano da due anni, propone un concept in cui ci espone il suo punto di vista sul trattamento che dovrebbero ricevere gli animali e sui loro diritti. Ma concentriamoci sulla proposta musicale, che, lo diciamo da subito, pur non facendo gridare al miracolo, si fa apprezzare per le sue caratteristiche, che alla fine risultano abbastanza singolari e che andiamo ora a descrivere.
Una bella introduzione di piano classicheggiante nella strumentale title-track, che fa da apripista al disco, si trasforma poi in un rock tecnologico, dai suoni moderni, con un andamento ipnotico e che va in crescendo sia ritmicamente che come spigolosità, con la chitarra elettrica man mano più graffiante. Questo brano è emblematico di quello che sarà lo stile mostrato dalla band durante gli oltre cinquanta minuti del cd. Già la successiva “Cage bound”, infatti, rafforza ulteriormente questo hard-prog enfatico, oscuro, robusto al punto giusto e con melodie vocali ricercate. Si prosegue su questa falsariga alternando toni solenni, un vigore mai sopra le righe e smussando i toni qua e là con qualche elegante spunto floydiano (ascoltare, ad esempio, “Part of the fold”), o anche con qualche rock-ballad (come la conclusiva “Voiceless”).
Quasi come una personale visione del progressive del 2000, Treivish e soci sembrano far avvicinare mondi abbastanza diversi come quelli di Porcupine Tree, White Willow e Ayreon, aggiungendoci anche un tocco particolare, vagamente gotico, quasi à la Anathema/Paradise Lost/My Dying Bride (soprattutto per quanto riguarda il cantato, profondo e malinconico). Insomma i Protomythos provano a seguire un percorso caratterizzato da un mix decisamente inconsueto, a cavallo tra space-rock, prog, rock duro e dark, che non si sente molto facilmente e che regala anche qualche intrigante momento. Non siamo di sicuro di fronte ad uno di quei lavori che possono definirsi “imperdibili”, ma la fruibilità di “In human sight” è sicuramente un’arma utilizzata bene e che può far pendere verso la positività i giudizi sulla musica di Treivish.


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Peppe Di Spirito

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