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POIL |
Brossaklit |
AltrOck |
2014 |
FRA |
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Sono pazzi questi francesi! Se pensate che Tatsuya Yoshida nei suoi dischi e nelle sue esibizioni e nei suoi dischi con Ruins e Koenjihyakkei sia estremo, beh, vuol dire che ancora non vi siete imbattuti nei Poil. Il trio transalpino, al secondo album, fa viaggiare le note a velocità folli e si impegna in un prog d’avanguardia, che, similmente a parecchie uscite della Cuneiform Records degli ultimi anni, è pronto a contaminarsi con jazz, zeuhl, orchestrazioni zappiane e persino con la furia selvaggia del punk e con l’elettronica. Aggiungiamoci anche una presentazione attraverso una copertina e dei disegni tra il grottesco, l’horror e la pornografia e dei testi che uniscono francese (poco) ed una sorta di idioma inventato ed il quadro si fa abbastanza completo. I protagonisti di quest’opera delirante rispondono ai nomi di Antoine Arnera (tastiere e voce), Boris Cassone (basso, chitarra e voce) e Guilhem Meier (batteria e voce) e già con il primo brano dell’album, rappresentato dai quasi undici minuti di “Fionosphère”, ci colpiscono subito con un violento cazzotto nello stomaco! Suoni elettronici, voci filtrate incomprensibili che si esprimono in una specie di linguaggio non così distante dal kobaiano, un qualcosa che rimanda ai Prodigy e ritmi pesanti si alternano a passaggi in cui la chitarra e le tastiere creano arditi intrecci sonori con libertà jazzistica e spinta rock. Si capisce immediatamente, così, che la musica dei Poil è pura dinamite, una carica esplosiva che scoppia con un frastuono assordante. E proseguendo l’ascolto del cd si nota che la loro opera di demolizione è totale e sono davvero rarissimi gli attimi in cui si può tirare un poco il fiato e riuscire a respirare. Non ci sono regole, non ci sono limiti e si punta su una sorta di caos sonoro semiorganizzato al limite dell’assurdo e con non poche sorprese. Sfido chiunque a non rimanere spiazzato trovandosi ad ascoltare, dopo due assalti frontali come la title-track e “Patachou”, i tre minuti e mezzo di “Mao”, con ritmi tecnologici, ossessivi e… ballabili! E nel prosieguo altre soluzioni ardite non mancano, vagando tra i mille cambi di tempo in cui si mescolano avanguardia, metal e ruvidità crimsoniane di “Goddog” e i lunghissimi quattordici minuti di “Pikiwa”, che vanno avanti come una cavalcata con sperimentazioni, atmosfere bizzarre e misteriose e intricati impasti strumentali. Insomma avrete già capito che “Brossaklitt” non è certo una proposta di facile ascolto, non è destinata a tutti ed è complicato anche inquadrarla per bene. Anzi, forse è il caso di porsi un interrogativo: siamo di fronte ad una ricerca sonora arguta, brillante e intelligente, che si finge buffa quando è invece caratterizzata da molta seriosità, ad una follia completa con un enorme carico di ironia, o a qualcosa che sta nel mezzo? Trovate voi una risposta, quello che mi sento di dire per ora è che i Poil suonano dannatamente bene, ma è dura seguirli con attenzione e senza farsi venire un po’ di mal di testa per cinquantasette minuti filati.
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Peppe Di Spirito
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