|
PROGENESI |
Ulisse l’alfiere nero |
Raffinerie Musical |
2012 |
ITA |
|
Agli albori del Progressive Rock avvenne che una serie di musicisti, di formazione classica, decisero di coniugare i propri bagagli cultural-musicali con i ritmi e le strumentazioni del rock, andando a far parte delle prime avvisaglie di quello che è stato definito, a seconda dei casi e delle inclinazioni del critico di turno, Art Rock, Avanguardia, Rock neo-classico o, appunto, Progressive Rock. I milanesi Progenesi si inseriscono direttamente in questo filone, saltando a piè pari (o quasi) quarant’anni di evoluzioni (o involuzioni…) successive di questo genere. I nostri infatti non fanno mistero del proprio intento di amalgamare il proprio background classico, principalmente appartenente al tastierista Giulio Stromendo, immagino, con influenze più variegate di psichedelia e Jazz, unendo al tutto chiare tematiche mutuate dai grandi del Prog (EL&P e Orme principalmente) e dalla musica contemporanea. Il tutto riesce a dar vita ad un dischetto decisamente interessante, interamente strumentale, in cui la sublimazione delle varie influenze sopra descritte si mantiene costante, e in buon equilibrio, per gran parte dei 48 minuti di durata. Il secondo pezzo, ad esempio (“La strategia”) è ispirata ad una suite di Béla Bartók, ma spunti classicheggianti sono presenti in tutte le tracce, grazie anche all’ospitata di una violinista e un violoncellista, entrambi con un notevole curriculum, peraltro. Gran parte del CD è un susseguirsi di fughe mozzafiato ed assalti tastieristici che non danno tregua e lasciano ben poco tempo per tirare il fiato. Poche piccole pause le possiamo prendere con l’avvio della terza traccia (“Il blue della notte”), ma è solo un attimo, prima della ripresa delle ostilità, e con la quinta traccia, la seconda parte della mini-suite “Il rosso della notte”, in cui violino e cello ci offrono momenti di pausa che servono giusto a tirare il fiato prima della conclusiva “Un grande eroe”, che inizia con lo stesso tema incalzante dell’avvio ma che lo sviluppa poi per 10 minuti che, se devo dir la verità, si trascinano in maniera un po’ stanca e meno brillante, incluso un dispensabile assolo di batteria finale. Si tratta, come i più smaliziati possono già aver intuito, di un concept album che narra, ma solo in musica e senza parole, delle gesta dell’eroe acheo di cui nel titolo. Sinceramente mi sembra che l’album sia davvero ben riuscito (salvo l’appunto sull’ultima traccia), avendo la band raggiunto molto brillantemente il proprio intento di fusione musicale ed avendo anche dato alle stampe un album molto gradevole e godibile, con spunti emozionanti che non possono non colpire la fantasia dell’appassionato di Prog classico. Ingenuità e qualche forzatura non sono assenti da questo dischetto, ma il giudizio finale non può che essere positivo… anzi, più che positivo!
|
Alberto Nucci
|