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PREMIATA FORNERIA MARCONI PFM in classic - Da Mozart a Celebration Immaginifica - Aereostella 2014 ITA

Può sembrare strano, eppure c’è un filo sottile che lega gli ultimi tre dischi in studio della Premiata Forneria Marconi. “Stati di immaginazione”, “A.D. 2010 - La buona novella – Opera apocrifa” e “PFM in classic – Da Mozart a Celebration”, pur diversissimi tra loro, mostrano dei tratti comuni che un ascolto superficiale di questi lavori può far sfuggire. In quest’ultimo album, presentato in due cd, la PFM fa emergere ancora una volta la sua voglia di suonare in libertà, inserendola in un contesto più particolare; infatti, al di là delle apparenze e dei preconcetti, “PFM in classic” non è il classico disco per gruppo rock e orchestra, con arrangiamenti pomposi e con il fine di rendere più spettacolare e simpatica la musica classica. No, la PFM prova un approccio diverso rispetto a quanto fatto oltre quarant’anni fa dai vari Emerson, Lake & Palmer, Ekseption, Rick Wakeman, Deep Purple e New Trolls. Di Cioccio e compagni, infatti, interagiscono con un’orchestra che offre un’interpretazione rigorosa e pienamente rispettosa delle composizioni eseguite e, in questo contesto, oltre a dare il loro apporto in questi classici immortali, con la loro strumentazione riescono a creare una vera fusione di stili, passando dal rock duro al barocco, da eleganza acustica a inflessioni jazzistiche, inserendo quelli che sono dei nuovi frammenti di musica propria, similmente a quanto avevano fatto con la rivisitazione de “La buona novella”.
Questo tipo di approccio viene sottolineato immediatamente, già nella traccia di apertura del primo cd, incentrata su “Il flauto magico”. Tra le storiche note dell’opera di Mozart si inseriscono altre due sezioni, denominate “Trazom” e “Deoama”, in cui la PFM si lancia in dei voli elettrici degnissimi eredi di “Stati di immaginazione”. Si parte con chitarra, basso e batteria che spingono sull’acceleratore, raggiunti dall’orchestra verso un minuto e venti secondi. Quasi un minuto di lavoro insieme, poi è quest’ultima a farci saggiare le note de “Il flauto magico”, con il gruppo pronto a rientrare verso i quattro minuti per nuovi interscambi sicuramente riusciti e brevi passaggi solistici d’effetto. Un inizio promettente, quindi, cui fanno seguito altri pezzi che confermano la bontà dell’operazione. La “Danza macabra” di Saint-Saens è ben supportata da “Passeggiata di fantasmi”, che abbellisce il pezzo originale mantenendo le stesse dosi di vivacità, mistero e inquietudine. Tra le note di “Danza slava n° 1”, “Romeo e Giulietta” (in una versione ben diversa da quella proposta da Emerson, Lake & Palmer negli anni ’90, ma ugualmente efficace) e “La grande Pasqua russa”, la PFM inserisce impulsi rock adeguandosi splendidamente al carattere esteuropeo dei brani, con punte di grande emozione, in cui continua a brillare l’estro chitarristico di Mussida, mostratosi sempre in formissima nelle recenti uscite discografiche del gruppo. Il momento che probabilmente è il più interessante e coinvolgente dell’intero album resta l’esecuzione di un estratto della “Sinfonia n° 5 di Mahler”. Oltre alla straordinaria bellezza della composizione originale, c’è da rimarcare il favoloso apporto ancora di Mussida che nella sua libera trascrizione dell’Adagietto e nell’Adagio elettrico di gruppo regala meraviglie con la sei corde, dapprima in versione acustica, ribadendo certe suggestioni già note a chi conosce bene la PFM, e poi con una irrefrenabile cavalcata elettrica che diventa addirittura trascinante. A chiusura del primo dischetto, ecco poi l’Overture del “Nabucco” di Verdi, a cui il gruppo affianca “Donsor B.”, ulteriore tributo alle ariose melodie tipicamente italiane.
Nel secondo cd la PFM tributa sé stessa, con nuove versioni di “La luna nuova”, “Promenade the puzzle”, “Dove… quando”, “Maestro della voce, “Impressioni di settembre”, l’Overture del “Guglielmo Tell” che già proponeva negli anni ’70 ed una “Suite italiana”, in cui l’irrefrenabile “Celebration” va ad inserirsi tra un pezzo di Mendelssohn ed uno di Rossini. Anche qui la qualità della musica è molto elevata e l’unione tra gruppo e orchestra da buoni frutti (magari lascia un po’ di scetticismo l’inclusione di “Maestro della voce”, di base troppo distante dal mondo accademico), ma - sarà forse per il fatto che abbiamo ascoltato questi pezzi da novanta già in tutte le salse - non si avvertono le stesse sorprese ed emozioni che il primo cd ha suscitato.
Per poter apprezzare e capire in pieno un album del genere è necessario un ascolto scevro da qualsiasi tipo di pregiudizio e che sia tutt’altro che distratto e superficiale. La PFM non si mette semplicemente in mostra facendo affidamento ad un repertorio di musica classica, ma fa un’operazione più complessa, nella quale vuole mostrare la sua personalità e inserire la sua musica nei modi descritti, in un contesto che aveva solo sfiorato in passato. Alcuni risultati sono addirittura eccellenti, vedi, su tutti, quanto realizzato con la “Danza macabra” e con la “Sinfonia n° 5” di Mahler. Se non si è in sintonia con questo tipo di lavoro diventerà quasi naturale criticarlo con eccessiva faciloneria. Invece la qualità del prodotto e la qualità della musica sono davvero elevate e il trio Di Cioccio-Djivas-Mussida mostra di avere ancora frecce al suo arco. Certo, dopo le ultime uscite, sarebbe auspicabile che la prossima prevedesse solo materiale inedito firmato PFM, magari in segno di continuità con quanto mostrato negli ultimi anni. Ne potremmo vedere (o, meglio, ascoltare) ancora delle belle!


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Peppe Di Spirito

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