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PHOENIX AGAIN |
Look out |
autoprod. |
2014 |
ITA |
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L’album dei Phoenix Again del 2011 ci aveva fatto conoscere una di quelle band attive negli anni ’80 e che, dopo una storia travagliata e varie peripezie, era riuscita finalmente a registrare e pubblicare la propria musica. A tre anni di distanza da quel lavoro esce “Look out”, quasi a confermare che il gruppo ha tutte le intenzioni di proseguire la propria carriera con una certa costanza. Diciamo subito che le impressioni positive che ci aveva lasciato “ThreeFour” le ritroviamo pienamente anche in questa occasione. Il nuovo cd è prevalentemente strumentale ed è aperto da “Adso da Melk”, che inizia con dei canti gregoriani che cedono il passo ad arpeggi di chitarra acustica che rimandano alla grazia di Anthony Phillips; il brano poi si evolve nei suoi quasi dodici minuti verso un rock sinfonico di marca Camel, reso ulteriormente raffinato dall’utilizzo del violino e da qualche divagazione dal sapore jazz. E’ solo la prima di una serie di perle che si lasciano ammirare per brillantezza e fluidità. Si va dal jazz-rock mediterraneo di “Oigres”, condito anche dal suono di una fisarmonica, ad altri passaggi romantici e cameliani quali “Summer”, “Winter” e “Dance of three clowns” (quest’ultima caratterizzata anche da una piacevolissima componente folk), passando per soluzioni più muscolari, come “Look out”, quasi hard rock con quel riff insistito di chitarra elettrica e con qualche fiammata presa in eredità dal Re Cremisi periodo 1973-74, o “The endless battle”, dai ritmi spediti e i suoni ancora immersi nei seventies, con l’organo che fa bellissima figura. Discorso a parte per “Invisible shame”, unico pezzo cantato, in cui si è recuperata una registrazione della performance vocale di Claudio Lorandi, membro fondatore del gruppo, deceduto nel 2007. In oltre otto minuti qui troviamo i Phoenix Again maggiormente orientati verso un new-prog anni ’80 e si avverte forte l’influenza dei vari Marillion, IQ e Twelfth Night. A dispetto di qualche variazione stilistica, “Look out” mantiene una propria identità e si avverte la voglia dei musicisti di seguire un percorso preciso e di comunicare attraverso suggestioni e timbri caldi, con un progressive rock dalle tinte spesso tenui e a volte più aggressivo, articolato al punto giusto e che si mantiene distante da spunti eccessivamente cervellotici (cosa che avviene spesso quando si tratta di dischi incentrati su pezzi strumentali). I protagonisti sono Antonio Lorandi (basso elettrico e acustico), Silvano Silva (batteria e percussioni), Sergio Lorandi (chitarre elettriche e acustiche), Andrea Piccinelli (tastiere e violoncello), Giorgio Lorandi (percussioni) e Marco Lorandi (chitarre elettriche e acustiche). Questo sestetto, integrato da alcuni ospiti, ci offre oltre un’ora di musica ed un buonissimo album che mantiene senza ombra di dubbio il valore qualitativo del precedente.
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Peppe Di Spirito
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