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PROJECT: PATCHWORK |
Re|Flection |
Progressive Promotion Records |
2018 |
GER |
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Seguiamo con piacere il secondo lavoro del duo tedesco formato da Gerd Albers e Peter Koll, che danno un seguito a “Tales from a hidden dream” uscito nel 2015. Non variano di molto le basi su cui era stato costruito il disco di debutto: Albers si occupa della musica, dei testi e suona chitarre e batteria, Koll della registrazione, dell’editing e del pre-mixaggio e partecipano uno stuolo di musicisti legati all’attuale scena prog tedesca (citiamo Marek Arnold, già in ballo con Seven Steps to the Green Door e svariati altri progetti, Martin Schnella e Markus Steffen), ai quali si aggiunge per l’occasione anche John Mitchell (già con Frost, It Bites, Arena e Cinema), autore di un bel solo di chitarra, e svariati altri ospiti soprattutto alle parti vocali (nominarli tutti richiederebbe troppo spazio). Presentato con un bell’artwork e in una confezione digipack, “Re|flection” è un album di circa settantadue minuti con le quali la coppia Albers-Koll prova a dare una visione personale di alcuni problemi legati al mondo politico e alla società di oggi. Si parte con la breve e intimista introduzione acustica “(P)reflections)”, che cede il passo alla ben più vivace “Struggle and agony”, inizialmente dura con chitarre e cantato graffianti e capace di virare sorprendentemente verso il folk nella parte centrale, dopo tre minuti, con tanto di flauto e di voce femminile. E’ una avvio scoppiettante che lascia intuire che durante l’ascolto possiamo aspettarci di tutto. E infatti si va dalle derive dei Porcupine Tree più duri (“Yearning for confraternity”), al new-prog più classico che ricorda i Pendragon e i Marillion (“Fear of loss” e “Of sheeps and wolves”), dal rock sinfonico potente à la Ayreon (“First desorder”, “Inferno”) alla ballata elegante (“Last horizon”), fino ad arrivare alla conclusiva “Reflection”, che chiude le danze con atmosfere misteriose e conturbanti. I brani più riusciti restano quelli più legati alla tradizione sinfonica. Uno è “Worried citizens”, aperta da intriganti suoni acustici di chitarre e fiati e che prosegue con rimandi vaghi agli Yes e parti vocali eseguite da diversi cantanti alternando puntate soliste e passaggi corali. L’altro è “A winter’s tale” e presenta molteplici similitudini con il primo. All’interno di un po’ tutte le composizioni, inoltre, i musicisti amano sbizzarrirsi creando invenzioni continue, strappi improvvisi e dinamiche inaspettate che si distaccano in maniera abbastanza netta dal contesto, inserendo, così, spunti delicatissimi e pastorali all’interno di brani tirati, o divagazioni vicine al metal in scenari prettamente sinfonici. In perfetta continuità con l’esordio, “Re|flection” offre una proposta musicale destinata soprattutto a chi ama il new-prog e i suoi slanci più moderni. Alla buona qualità media fanno da contraltare qualche lungaggine di troppo e il fatto che settantadue minuti pieni di variazioni anche all’interno dello stesso brano non sempre sono facili da seguire.
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Peppe Di Spirito
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