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RYAN PARMENTER |
One of a different color |
Split Different |
2018 |
USA |
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Impossibile non ricordare una band interessante ed amabile come gli Eyestring, che nel primo lustro del nuovo millennio produsse due ottimi album "Burdened Hands” del 2004 e "Consumption” dell’anno successivo. A capitanare quella band c’era Ryan Parmenter, nipote del più famoso Mattew, leader dei Discipline. Dopo gli Eyestring, la carriera di Ryan, puntò su una produzione personale, forse un po’ altalenante come qualità, che con questo “One of a Different Color” arriva alla quarta uscita. Come per le produzioni precedenti si è dato da fare per basi, campionamenti, ritmiche elettroniche, in solitaria, poi, per le incisioni, si è unito il chitarrista David Dawkins e, per un solo brano, lo zio Matthew al violino. Difficile dare indicazioni sul tipo di progressive affrontato in questo lavoro. C’è un forte aspetto sperimentale e poco incline al facile ascolto. C’è una forte componente ossessiva, reiterante, non solo nelle ritmiche, ma anche delle parti testuali. Mi verrebbe da parlare di un RIO non troppo oltranzista, anzi piuttosto adagiato in binari cautamente ben orientati. C’è anche, come sempre nei suoi lavori, una dose beatlesiana evidente e piacevolissima uno spruzzo di Cardiacs e uno di XTC. Insomma una grande e particolare varietà di elementi. E per ritrovare tutti gli elementi citati, in un arzigogolo divertente, personale, sufficientemente inedito e per certi versi sbalorditivo parto subito dalla title track. “One of a different color” è un pop dai tratti psichedelici e progressive, nel quale il titolo (solo quello), viene ripetuto decine e decine di volte, con armonie e intonazioni diverse, concatenate su basi percussive, chitarristiche, pianistiche, ogni volta diverse, la “litania” è interrotta per un paio di break strumentali, il secondo dei quali dominato dal violino di Mattew, per riprendere, con temi orchestrali e ricchi o con minimali accenni di pianoforte la solita frase del titolo. Un gioiellino di quasi dieci minuti, niente da dire. Ad ogni modo piuttosto interessanti tutti i dieci brani dell’album. “Seller”, per esempio, è un ottimo esempio di melodia complessa e articolata stesa in maniera graffiante e ruvida su un brano ritmico con aspetti new wave. La lunga “September” ci fa assaporare le ottime qualità di tastierista di Parmenter, ma anche un tema beatlesiano ricco di melodia e splendida musicalità. Ancora la conclusiva “Up above” più classicamente progressive rispetto alla media del disco. Il brano più complesso, dagli aspetti più spigolosi, talvolta teatrali, spinti e sperimentali è “Capitalism”, ma anche divertente e appassionante nel suo essere RIO senza averne la consapevolezza. Un disco che per complessità e varietà di tematiche richiede parecchi ascolti, per essere compreso e sviscerato. Molto bello, a mio parere e complessivamente da consigliare con fermezza.
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Roberto Vanali
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