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THE PIANO ROOM |
2084 |
Irma Records |
2019 |
ITA |
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Il variegato mondo dei Genesis è stato sempre un punto di riferimento imprescindibile per la crescita e la carriera di Francesco Gazzara. Se non lo avete già fatto, andate a dare un ascolto al doppio cd “Play me my song”, uscito nel 2014 a nome Gazzara Plays Genesis, molto più che un “semplice” album di cover. Gazzara è un compositore, tastierista e pianista che ha all’attivo svariati progetti, tra i quali questo The Piano Room che arriva al quarto disco con “2084”. E anche qui c’è un collegamento ai Genesis, visto che si tratta di un lavoro che musicalmente è un vero e proprio tributo a “1984” di Anthony Phillips. Non si tratta comunque dell’unica fonte di ispirazione, ma le altre vanno cercate in diverse forme d’arte, visto che il musicista trae spunto dal romanzo “2084: The end of the world”, scritto dall’algerino Boulaem Sansal, che reinventa il celebre “1984” di Orwell, aggiornandolo e indirizzandolo verso un immaginario futuro distopico dominato da una dittatura dello Stato Islamico. Inoltre, forte della sua esperienza nell’ambito delle colonne sonore e ammiratore di John Carpenter, sia in qualità di regista che di compositore, Gazzara prova a inventare uno sfondo sonoro ben preciso a “2084”, simile ad una soundtrack. Come nel “1984” di Anthony Phillips anche in questa occasione tutto ruota intorno ad una proposta strumentale ed elettronica suddivisa in quattro tracce, un prologo di apertura, due parti centrali ed un epilogo. Protagonista assoluto è il parco tastiere di Francesco Gazzara, che crea una sorta di moderna sinfonia abbinando i timbri caldi del piano, dell’organo Hammond, del mellotron e dei moog a quelli più algidi degli strumenti moderni chiamati a dettare sonorità e ritmi elettronici. L’abilità del compositore è stata quella di trovare giusti equilibri tra i suoni più disparati e di costruire una sorta di suite strutturata in maniera articolata, in modo tale da riprendere certi stilemi della musica classica e del prog sinfonico per poi portarli verso altri lidi. Il pianoforte crea le basi e i temi portanti, ma è l’insieme dei suoni descritti prima a spingere l’ondata musicale verso dei pieni trascinanti ed ingegnosi. Strutturalmente e stilisticamente molto simile al citato “1984” di Phillips, questo “2084” presenta grosso modo gli stessi pregi e difetti. Sicuramente si tratta di un’opera dalla quale emerge un forte talento, che va ascoltata con attenzione per coglierne i numerosi spunti, che riesce a creare quel senso di oppressione e di drammaticità che rispecchia certi elementi delicati del concept. Resta, al contempo, un senso di freddezza derivante da quel sound analogico e sintetico che non riesce a trasmettere del tutto l’ingegno compositivo che c’è alla base. Tanto è vero che fanno un effetto diverso le tre bonus tracks finali, che altro non sono che dei demo per pianoforte di alcuni momenti dell’album, nei quali traspare forte un romanticismo classicheggiante. Un bell’omaggio, atipico, curioso, ma che non tutti potrebbero apprezzare.
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Peppe Di Spirito
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