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PYTHAGORAS |
Live at Pulchri |
Correlated Music |
2018 |
NL |
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Avevamo parlato nel 2011, con la recensione del magnifico triplo “The correlated ABC”, del ritorno dei Pythagoras dopo un gap di quasi trent’anni dall’uscita del loro secondo album in studio “After The Silence - A Symphonic Poem” (1982) e avevamo predetto un avanzamento di carriera incerto per la scomparsa (decisamente destabilizzante, visto che il gruppo era un duo) del batterista Bob De Jong. Ma René De Haan (synth e tastiere) non ha mai smesso di fare musica ed il persistere della sua passione lo ha portato, anche se a distanza di tempo, alla realizzazione di un nuovo album. Non è solo nell’impresa anche se la musica è stata interamente composta e prodotta da lui: ad affiancarlo troviamo l’artista tech Rob Bothof (Custom Looper) e altri due musicisti che avevano partecipato come ospiti su “The Correlated ABC” e cioè Peer Wassenaar al basso e Joshua Samson alla batteria. Il nuovo materiale proviene da una registrazione dal vivo effettuata nel 2015 in occasione di una esibizione presso l’istituto d’arte Pulchri di Den Haag che comprendeva anche una installazione artistica con le opere del pittore e scultore Ilia Walraven realizzata con l’aiuto di Rob Bothof usando una tecnica di realtà aumentata chiamata “Digitaal Na Analoog” (digitale dopo analogico). Da DNA, acronimo di questa tecnica ma anche dell’acido desossiribonucleico che veicola le informazioni genetiche, deriva il titolo dell’esibizione che è appunto “DNA Ilia Walraven”. A questo artista appartengono anche la copertina dell’album ed i numerosi disegni del booklet che raffigurano tutti dei gatti. La parte ritmica ha un ruolo molto importante con un’ossatura drum and bass prepotente e spesso prevalente rispetto alle tastiere. La musica ha delle chiare connotazioni elettroniche e talvolta cosmiche ma riesce anche a sconfinare in qualche modo verso il prog sinfonico seppure in maniera confusa ed imprevista. La struttura dei brani appare sempre aperta e non lineare con ampi momenti di improvvisazione, soprattutto tastieristica, con René De Haan che si muove in modo agile fra gli schemi ritmici squadrati. I riferimenti alle produzioni pregresse dei Pythagoras c’è ma è in realtà labile e tutto appare sempre molto istintivo e in costante divenire come se si volesse creare un conglomerato di suoni, colori e visioni che trovino significato nel contesto dell’allestimento artistico di cui abbiamo parlato. L’album (molto lungo: 78 minuti totali) è occupato in gran parte da una suite divisa in 4 movimenti e intitolata “A Cat’s Tail”. Ogni brano pare esplorare i diversi aspetti del carattere felino. Si parte con “Manifesto”: la dinamica si regge sulle percussioni ritmiche attraversate da incursioni elettroniche con suoni scabrosi dai riflessi metallici, talvolta spinti verso i confini col rumore, mentre le tastiere ci stupiscono con i loro miagolii che ci riportano al tema principale della suite. Le ripetizioni ed i loop hanno un effetto stordente con i loro riverberi mentre il ritmo è a suo modo sinuoso e trascinante. Minimalista ed istintiva, la musica offre inaspettate interferenze sinfoniche persino con sonorità Mellotroniche che ci concedono bizzarre prospettive cameristiche. Ancora in “Anectode” o in “Cundrum” basso e batteria intessono un binario ritmico jazzy con i synth che gli ronzano attorno e le tastiere che concentrano attorno a sé tutta l’emotività dei brani. Il movimento conclusivo, “Nightwach”, è meno spinto rispetto ai 3 precedenti ma prevalgono come sempre loop e ritmi ripetitivi con incursioni Kraut e interessanti melodie tastieristiche che tappezzano il brano in modo asimmetrico. L’album si compone poi di una centrale “Sapristi!” (8 minuti circa) e di una conclusiva “A Cat’s Tale” (13 minuti circa) che, nonostante sfoggi un titolo omofono rispetto alla suite di apertura, appare in realtà più strutturata rispetto a questa e forse più vicina ad alcune cose dei vecchi Pythagoras. E’ interessante osservare come il gruppo sia partito dalle vecchie produzioni per cercare strade nuove e decisamente sperimentali battendo territori difficili e rimettendosi quindi in gioco in modo audace e creativo con un’opera fatta di sensazioni da trasmettere a pelle, visioni, immagini, emozioni ed istinti da comunicare con forza, senza filtri. Per i fan del gruppo sarà sicuramente una bella sorpresa mentre per gli altri bisogna armarsi di un’ottima predisposizione verso l’avanguardia e la musica elettronica perché la sinfonicità è solo un angolo ed un brandello di qualcosa di più destrutturato che potrebbe rivelarsi indigesto per certi palati. Con le giuste armi ed i corretti presupposti avrete sicuramente di che divertirvi esplorando il DNA dei gatti e del pittore che li ha ritratti con linee essenziali ma curiosamente introspettive.
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Jessica Attene
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