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MARCELO PAGANINI Identity crisis autoprod. 2020 BRA

Il secondo full-length dell’artista brasiliano trasferitosi in Francia – pubblicato curiosamente l’11 dicembre, cioè per il compleanno del musicista stesso – arriva a distanza di sette anni dall’esordio solista. Nel frattempo, alcuni EP come quello del 2018, recensito su queste stesse pagine virtuali. Un momento, questo, di forte crisi d’identità per il nostro, come del resto il titolo suggerisce, in cui lo pseudonimo che lo accompagna (non è dato però sapere il suo vero nome) torna sempre a farsi sentire prepotente. Il contenuto di quest’ultima fatica è un miscuglio di prog-rock e jazz-fusion, rifacendosi espressamente allo stile chitarristico di Allan Holdsworth. Dopo la morte del celeberrimo artista inglese, Marcelo dichiara espressamente di sentire come un suo compito quello di mantenere un certo modo di suonare la chitarra, fattore ancora più accentuato dopo il successivo decesso di Eddy Van Halen. Dalle nette posizioni, anche in ambito politico-sociale, l’artista sudamericano usa per questo lavoro uno strumento senza leva del vibrato e registra una sola chitarra per traccia, in modo da poter riproporre i brani anche dal vivo, quando sarà possibile per il post pandemia. E a proposito di questo, appare veramente curioso che l’album si apra con “Bacteria”, un titolo davvero programmatico, composto però prima dell’emergenza sanitaria mondiale. Sono tanti gli artisti famosi che si sono affiancati per questa raccolta di sei brani, in primis Billy Sherwood (Yes, Asia, World Trade), che canta su tutte le composizioni e suona il basso su “Learn to love to wait”. I pezzi sembrano frammentati, quasi senza un filo logico nel loro interno, facendosi comunque apprezzare per le soluzioni che via via si vanno scoprendo. Il merito è anche di Rachel Flowers, polistrumentista statunitense capace di vantare una varietà di collaborazioni che vanno da Rich Wakeman a Burt Bacharach, passando per Dweezil Zappa, Jordan Ruddes e Marc Bonilla. Un’artista poliedrica, che quindi dà il suo sostanzioso contributo ad un approccio eterogeneo come quello qui proposto, cominciando proprio con “Bacteria”, in cui divide assieme a Sherwood le parti dietro al microfono e con il pianoforte interviene in una composizione irreale, che si destreggia tra i Genesis (soprattutto per il cantato) … e i Sieges Even più pacati! I tasti d’avorio suonano partiture che sgusciano tra vari stili jazz e la chitarra suona inquietante, finendo per ricreare un effetto simile a quello dei The Nerve Institute. Subentrano poi le tastiere alienanti suonate da Adam Holzaman (Steven Wilson Band) – anche se non si sa quanti assoli in quest’album siano opera dello stesso Holzman o di Marcelo, che figura anche come tastierista – e si nota anche un gran lavoro ritmico in quella che come accennato risulta una traccia inquietante. Poi si va a vedere che il batterista è un certo Chad Wackerman, noto soprattutto per le sue collaborazioni con Frank Zappa e proprio Allan Holdsworth. Buono anche il supporto al basso di Marc Madoré, prima dell’assolo di Marcelo che ricorda il destrutturante stile del Chris Poland solista. La sezione ritmica fa gli straordinari anche sulla seguente “Circus is empty”, dove Wackerman viene affiancato dal bassista Adriano Campagnani (Beto Guedes Band). Il fastidioso cantato di Sherwood probabilmente è funzionale a questa algida e trasfigurante atmosfera, in cui gli assoli di synth e soprattutto di chitarra risultano di altissimo livello. “Soul much further away” coverizza un brano della superstar brasiliana Lo Borges; datata 1987, le parole furono scritte proprio da Marcelo Paganini. Aperta con la chitarra acustica, il relativo andamento sudamericano subisce una gelida metamorfosi, lasciando tracce di sé con i vocalizzi di Karla Downey, segnalando l’esecuzione solista sulle sei corde di Jan Dumee degli storici Focus. L’interpretazione di Sherwood qui è sicuramente migliore, poi torna alla sua odiosità (che qualcuno però apprezzerà alla morte, tutto è davvero soggettivo) nella già citata “Learn to love to wait”, dove quantomeno fornisce una prova eclettica al basso. Dietro le pelli c’è un’altra leggenda come Lenny White (Miles Davis e Return to Forever, tra i tanti altri) e il primo assolo sulle sei corde è suonato da una Rachel Flowers perfettamente calata nel contesto jazz-fusion avanguardistico. Dopo un altro assolo convincente alle tastiere, irrompono le sei corde del titolare. “Tangerine way” è la versione inglese di “Viela das Tangerinas”, prog ballad composta da Marcelo nel 1982. Una chiara impostazione da sofferta ballata neo-prog, in cui il batterista sudamericano Esdras Ferreira Nenem accompagna un cantato stavolta meglio centrato e un andamento chitarristico molto più lirico. Per concludere, Chad Wakerman riprende le bacchette in mano su “Captain’s Face”, conclusione che si inquadra meglio nella dimensione jazz, dove torna a farsi sentire Karla Downey al microfono e Rachel Flower stavolta interviene con l’organo Hammond, oltre alle puntate del sax decisamente eclettico di Jamison Smeltz. Davvero tosto l’assolo di Marcelo Paganini, prima di terminare con delle fasi molto morbide che si interrompono di colpo.
Un lavoro decisamente complesso e che come detto all’inizio può nell’immediato apparire frammentato, se non addirittura dissociato. Ulteriori ascolti dissiperanno in parte queste impressioni. L’ultima volta, a seguito della prestigiosa collaborazione con Durga McBroom, storica corista dei Pink Floyd, avevamo lasciato Marcelo in giro per l’Italia… Oggi lo ritroviamo espatriato in Spagna, dopo aver rischiato di pagare una multa di ben 70.000 euro in terra francese per il suo film “Prima volta a Rio”. In attesa che la situazione si sistemi, smarrisce la carta di identità, la casa si allaga quando piove, rimane senza soldi per settimane… Beh, in questo contesto, è più che lecito farsi venire una crisi, che però lo porta a cominciare le riprese di una nuova pellicola, intitolata proprio come quest’ultimo lavoro, che ne sarà la colonna sonora. Vittima di bullismo fin da piccolo e allo stesso tempo molto orgoglioso, Marcelo Paganini aveva trovato una calorosa compagnia nel proprio gatto, chiamato Don Juan. La morte nel 2019 di questo simpatico amico sembra sia stato il momento in cui tutto è precipitato. Inevitabile la dedica sia a lui che al tastierista Michael Sherwood, fratello di Billy, morto inaspettatamente il 5 novembre del 2020. Ma sembra che già ci siano importanti novità dall’Olanda, dove Marcelo Paganini potrebbe finire sotto contratto, magari proprio con Rachel Flowers… In ogni caso, in bocca al lupo!



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Michele Merenda

Collegamenti ad altre recensioni

MARCELO PAGANINI B4 ever now (EP) 2018 

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