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STEFANO PANUNZI Beyond the illusion autoprod. 2021 ITA

Musicista romano al terzo lavoro solista, Stefano Panunzi si inserisce in un filone che ha visto come assoluti protagonisti i primi Porcupine Tree in album come “On the Sunday of life”, “The sky moves sideways” e “Signify”. Pur evitando di seguire pedissequamente le orme della creatura di Steven Wilson, Panunzi mostra grande abilità nel ricreare quelle atmosfere caratterizzate da sonorità dilatate, reminiscenze floydiane, melodie raffinate, da un’aura misteriosa che avvolge la musica e da sconfinamenti con l’ambient. Già i sette minuti strumentali dell’incipit “When even love cannot” ci catapultano nel mondo musicale di Panunzi, con tastiere a disegnare trame oniriche e malinconiche, ritmi elettronici compassati e gli interventi di violino che abbelliscono ulteriormente il tutto. I Porcupine Tree, ma anche i No-Man, i Nosound di Giancarlo Erra, i Pink Floyd, David Sylvian e i ProjeKcts crimsoniani, alleggiano in questo e nei brani successivi. Si tratta di influenze evidenti che si intrecciano e si amalgamano, offrendo un sound che si mantiene costante durante l’ascolto. Si tratta, allo stesso tempo, di un pregio e di un difetto. Se il disco scorre in maniera estremamente fluida, trasmettendo piacevoli sensazioni e mantenendo una coesione e un’omogeneità apprezzabilissime, d’altro canto, dodici tracce che mantengono caratteristiche simili per sessantasette minuti possono far venire meno l’attenzione e l’interesse nel finale del cd. La qualità della musica resta indubbiamente alta per tutta la durata del lavoro, sia quando si procede con strumentali incantevoli (“The bitter taste of your smile”, “Acid love”, “The bench”, “We are not just what we are”), sia nei pezzi cantati da Grice, il cui timbro vocale è perfetto in questo contesto. In “I go deeper”, canzone più immediata e diretta, ma non affatto priva di fascino e che sembra uscita dalle sessions di “Stupid dream”, troviamo l’ottimo contributo di Tim Bowness alla voce e in fase compositiva (una versione diversa di questo brano è presente anche nel suo album solista “Flowers at the scene”). Più particolari e vivaci “The doubt” e “Mystical tree”, quest’ultima arricchita dagli interventi della tromba di Luca Calabrese (noto nel mondo prog per le sue collaborazioni con Isildurs Bane, Richard Barbieri e Metamorfosi Trio) che dona sapori dal vago gusto jazzistico da ECM. Sapori che vengono a galla in altre composizioni in cui è presente questo strumento, ma che non fanno venire meno quel sound di base che permea l’intero disco. Segnaliamo un altro ospite eccellente come Gavin Harrison su “We are not just what we are”. “Beyond the illusion” è costruito con classe e punta più sulle sensazioni e sull’atmosfera, che non sulle componenti del prog più tecnico. Evitate le forme più appariscenti e pompose, Panunzi realizza un album molto bello dove c’è tanta sostanza e riesce a trasmettere piacevoli emozioni.



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Peppe Di Spirito

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