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PHOENIX AGAIN |
Vision |
Ma.Ra.Cash Records |
2022 |
ITA |
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Al quinto album in studio e con l’esperienza acquisita nel corso degli anni dai musicisti coinvolti, i Phoenix Again non possono essere certo considerati più una sorpresa. Bisogna parlare, quindi, di piena conferma per il gruppo che ruota intorno alla famiglia Lorandi e che anche con “Vision” offre una prova decisamente positiva. Se ci eravamo lasciati nel 2019 con un “Friends of spirit” in chiave semiacustica, ecco che il nuovo parto, confezionato in una custodia digipack con una splendida copertina, riporta a quelle trame più sinfonico/romantiche a cui il gruppo ci aveva abituato, anche se le sorprese non mancano. Di base c’è sempre un lavoro prettamente strumentale, se si eccettua un unico brano cantato, con tanti riferimenti ai classici del prog italiano e anglosassone, ma con in vista una propria rilettura. “Moments of life”, la composizione più lunga del lotto con i suoi dieci minuti e mezzo, è forse la più rappresentativa dello stile del gruppo con un susseguirsi di fraseggi melodici eleganti, di belle combinazioni e alternanze tra sonorità acustiche ed elettriche, di passaggi pastorali, di atmosfere sognanti in stile Camel, fino ad un finale più ritmato dove si spinge bene sull’acceleratore, con una chitarra elettrica in bello spolvero. L’indirizzo sinfonico viene fuori in altre tracce, come nell’intensa “Air”, tra Hackett e Goblin, in “Psycho” dove emerge prepotentemente la vena classicheggiante ed emersoniana e nel pop-prog sinfonico di “Propulsione”, l’unico pezzo cantato in inglese a tre voci e nel quale ascoltiamo anche una sezione con corno, trombone e tromba. Non mancano momenti più tirati e ricercati, come “Tryptich” e “La fenice alla corte del re”, in cui i musicisti, strizzando l’occhio ai King Crimson del periodo 1973/74, possono lanciarsi in combinazioni tecniche cariche di pathos, o come la robusta “Overture”, che apre il disco con potenza e maestosità. In conclusione dell’album, poi, ci sono due pezzi più particolari. Dapprima “Mamma RAI”, nella quale i Phoenix Again mescolano abilmente arie di compositori classici e sigle storiche del palinsesto del servizio pubblico televisivo nazionale. A seguire, i due minuti di “Threefour”, che parte con raffinatezze acustiche per poi proseguire in maniera ipnotica a tempo di valzer. È un percorso, quello della band, che mette in mostra ispirazione, abilità strumentale, melodie capaci di andare diritte al cuore e alla mente, arrangiamenti di classe, rispetto del passato guardando al domani, equilibri trovati nel dosare ogni ingrediente musicale e la voglia di mostrare una propria identità partendo da un amore viscerale per il progressive rock. Lo accennavamo all’inizio, lo ripetiamo ora: non si può più parlare di sorpresa per i Phoenix Again, ma di una gran bella realtà del panorama prog italiano.
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Peppe Di Spirito
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