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NICHOLAS D’AMATO’S ROYAL SOCIETY Nullius in verba Buckyball Music 2005 USA

Jazz, rock, prog… Tutti termini molto generici, atti ad individuare qualcosa che molto spesso è difficile, se non impossibile, da catalogare in ambito musicale. Soprattutto quando l’unione di musicisti di talento porta a proposte in cui si ravvisano stili diversi e, come comune denominatore, sperimentazione, improvvisazione e melodia. In “Nullius in verba”, album che segna il debutto discografico del trio Royal Society capitanato da Nicholas D’Amato si avverte tutto ciò. Il bassista leader del gruppo fa partire temi musicali che vengono poi dilatati dal suo estro e da quello dei suoi compagni di avventura, che rispondono ai nomi di John O’Reilly Jr. (batteria) e Wayne Krantz (chitarra). Un approccio musicale, quindi, tipicamente jazzistico, ma che non perde le coordinate del rock più raffinato (alla Steely Dan, per intenderci) o lo spirito libero da restrizioni canoniche che può essere associato al progressive. Il merito dei Royal Society risiede in una parola semplice: equilibrio. Un equilibrio dettato dalla bravura nel miscelare vari generi, pur partendo da una matrice jazz; un equilibrio rappresentato dalla sobrietà sonora di tre strumenti utilizzati senza l’eccessivo abuso della tecnologia; un equilibrio raggiunto grazie ad una bravura tecnica di base che converge sempre verso una musicalità impegnativa, ma non astrusa; un equilibrio che permette di non raggiungere virtuosismi esagerati, manierismo e prolissità da interminabile jam-session. La strada verso il jazz-rock intrapresa dal grande Miles Davis e da altri fenomenali musicisti tra la fine degli anni ’60 e l’inizio dei ’70 viene tutt’oggi seguita e il trio di D’Amato lo fa con un lavoro di una quarantina di minuti strumentali di discreto livello. Le basi per un futuro all’insegna della buona musica ci sono. E il progster che ha sempre ascoltato con favore quelle diramazioni del prog che si spingono in maniera decisa verso il jazz troverà sicuramente molto interessante per le sue orecchie “Nullius in verba”.

 

Peppe di Spirito

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