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RAIMUNDO RODULFO Mare et Terra Musea 2009 VEN

Al di là dai sottogeneri, delle nuove tendenze del rock progressive, del futuro di questo mondo musicale amato e bistrattato nello stesso tempo, fortunatamente ci sono ancora artisti che ti fanno emozionare quando inserisci le loro composizioni nel lettore cd.
E’ il caso di questo chitarrista venezuelano che, pur conosciuto dagli “addetti ai lavori”, meriterebbe una maggiore attenzione da parte di un pubblico che ormai sembra aver perso la voglia di cercare cose valide tra le maree di gruppi che questo mondo continua a proporre, anche in periodo di profonda crisi.
Non è da tutti cominciare un lavoro con una suite da 36 minuti ("Naufrago") dei quali i primi sei sono in sostanza virtuosismi chitarristici legati al mondo flamenco degni del miglior Paco de Lucia. “Naufrago” è una suite che sarà sicuramente da inserire tra le migliori cose che il rock progressive sudamericano abbia prodotto in questi ultimi tempi (e non solo). Intrecci acustici ed elettrici meravigliosi che si susseguono per tutta la durata del brano dove gli Yes vanno a braccetto con la tradizione musicale sudamericana o latina in genere (visto che questo album in alcuni tratti ricorda molto la scena progressive rock andalusa metà anni 70).
Tutto l’album è comunque degno di nota e, nonostante i 74 minuti di musica, il disco scorre via piacevolmente e senza fasi di stanca.
Le altre 3 composizioni (una da venti minuti e due da dieci) infatti, pur non pirotecniche come il brano d’apertura, sono di livello altissimo, dimostrando in certi passaggi l’amore del chitarrista venezuelano per Camel e Mike Oldfield (ispirandosi a loro e mai copiando, comunque).
Lo strumento di Raimundo Rodulfo fa la parte del leone in tutto il lavoro, tuttavia il venezuelano giustamente si fa accompagnare (lasciando tra l’altro ampio campo d’azione) da special guest d’alta caratura. Su tutti ricordiamo il tastierista Carlos Plaza, leader del gruppo spagnolo Kotebel, il batterista dei Tempano Gerardo Ubieda, un ispiratissimo Pedro Castillo alla voce. Ospiti che rendono questo lavoro completo in tutte le sue parti, a differenza di certi lavori in cui il virtuoso di turno si dimentica di tutto ciò che gli sta intorno, proponendo produzioni che oltre dimostrare il valore di chi le esegue, complessivamente risultano molto spesso mediocri.
Raimundo Rodulfo con questo “Mare et Terra” produce un lavoro maturo, bello, con dei passaggi memorabili, soprattutto nei momenti in cui la chitarra rincorre il flauto e gli altri strumenti acustici utilizzati all’interno del disco (ricordiamo soprattutto flauto violino e violoncello).
Un disco di questo genere non poteva non avere anche una copertina bellissima realizzata da Peter Rodulfo (il lavoro grafico è opera di Davide Guidoni) che ricorda molto quella darwiniana del Banco (qui c’è un orologio da polso con varie scene che spiegano a grandi linee il concept, lì il famoso orologio da tasca).
Oltre ad essere uno tra i dischi più belli che il 2009 ci ha regalato, questo lavoro, logicamente per il sottoscritto, può esser tranquillamente messo tra gli esempi di come il progressive rock nella sua forma più canonica abbia ancora qualcosa da dire anche quando tutto intorno ti dice il contrario.
Speriamo che qualcuno se ne accorga.



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Antonio Piacentini

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