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ALESSANDRO RAVI Oasis of nativity autoprod. 2010 ITA

I dischi a basso costo realizzati in solitaria hanno un proprio fascino particolare. Mi immagino il musicista che meticolosamente scrive i brani, li prova e li assembla pazientemente nel suo studio (sovente un comunissimo personal computer), traccia per traccia, limando gli arrangiamenti e le parti degli strumenti, trovando compromessi sulla composizione, sull’esecuzione o sulla qualità della registrazione, cercando di ottenere un risultato che non sarà mai paragonabile ad un lavoro professionale ma che trasuderà passione e soddisfazione.
Ho immediatamente avuto queste sensazioni appena tenuto tra le mani il più recente album di Alessandro Ravi (nome d’arte del più “banale” Alessandro Ceccarelli), ma quando ho cercato informazioni sull’autore e dopo aver scoperto che “Oasis of nativity” è l’ottavo lavoro del musicista, mi sono sorti dei dubbi sulla sua origine “naif”. Eppure la confezione dimessa (un CDr con grafiche stampate su carta comune con una stampante da computer) e l’artwork raffazzonato sembrano fugare ogni dubbio a riguardo. Poi ho scoperto che nel primo album, uscito addirittura nel 1992, hanno partecipato ospiti del calibro di Mauro Pagani, Ares Tavolazzi e Riccardo Zappa, e la mia confusione è ulteriormente aumentata. All’ascolto, però, i miei sospetti di trovarmi di fronte un lavoro artigianale sono stati, nel complesso, confermati. Ci troviamo di fronte ad un album che presenta tutti i difetti di un prodotto casalingo, evidenti soprattutto nella produzione. La registrazione è tutto sommato decente, ma il risultato finale suona piatto e con poca dinamica, effetto dovuto sicuramente ai pochi mezzi a disposizione. I suoni sono evidentemente sintetici e si nota una certa calcolata freddezza che emerge dalle geometrie perfette e disumane delle ritmiche, ben programmate ma inevitabilmente carenti di feeling.
Per fortuna la musica bilancia un po’ il tutto… almeno in parte. Alessandro Ravi dimostra di avere idee discrete, con una predilezione per la varietà ritmica (ha scritto in passato per riviste specializzate nel settore delle percussioni) e la complessità degli arrangiamenti. Il genere è un mix strumentale di progressive sinfonico e Canterbury style dall’andamento rilassato e melodico, con un velo jazzato che fa capolino ogni tanto. I risultati più apprezzabili sono raggiunti in “A couple of rebel and naughty lads”, traccia una spanna sopra la media rispetto alle altre composizioni. Tutti i brani si basano sullo stesso stile, una sorta di collage vario e ben costruito in cui gli strumenti (soprattutto tastiere, synth analogici, piano e piano elettrico) sembra giochino a rincorrersi e a darsi il via per suonare linee melodiche e assoli. Ci troviamo di fronte, insomma, ad una sorta di puzzle musicale diviso per episodi che lascia una sensazione di omogeneità un pelo troppo evidente, con unicamente “Sisyphus’ mistake” a distinguersi per ricordare certe parti strumentali dei Genesis.
Alessandro Ravi dimostra di avere un proprio stile ma la realizzazione toglie quella personalità e quella vivacità che avrebbero fatto fare all’album un decisivo salto di qualità. Una band con musicisti preparati sarebbe auspicabile per eliminare i difetti evidenti del lavoro realizzato in solitudine e per portare definitivamente alla luce le qualità compositive dell’autore, indubbiamente presenti e degne di nota. Per il momento ci possiamo accontentare, poiché il giudizio complessivo è discreto. Se non si fa caso ai difetti tecnici, infatti, “Oasis of nativity” può infatti essere un ascolto rilassante e piacevole.


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Nicola Sulas

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