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RÊVE GÉNÉRAL Howl AltrOck 2015 FRA/AUT/CZE/JAP

28 corde e qualche pelle, così amano auto-descriversi i Rêve Général, gruppo multinazionale di vecchie conoscenze del panorama Chamber Rock composto da due francesi, due austriaci, due cechi e una giapponese che con il loro album live “Howl” fanno il loro esordio discografico.
Le pelli sono solamente quelle della batteria di Guigou Chenevier, figura storica della scena RIO grazie alla militanza nei leggendari Etron Fou Leloublan e nei più recenti Volapük (di cui è stato anche fondatore). Le corde invece si suddividono in due violini: suonati dal connazionale Guillaume Saurel e dalla giapponese Takumi Fukushima (entrambi ex Volapük) e in due chitarre e due violoncelli, suonati dall'ensemble ceco-austriaco dei Metamorphosis. Inutile sottolineare l’elevata preparazione tecnica di ogni singolo musicista di questo ensemble; vale invece soffermarsi sulle capacità compositive dei singoli. Non a caso ognuno dei membri è autore di almeno un brano, rendendo. “Howl” un disco estremamente vario e in cui le differenti personalità dei musicisti emergono di volta in volta come in una scatola di cioccolatini dove non sai mai quello che ti può capitare. Abbiamo ovviamente esempi di chamber rock più ortodosso in brani come “Une Brève Histoire du Temps” e “Hashiru Reve” che ricordano alla lontana i belgi Aranis, ma non mancano “gusti” più particolari come quello del brano d’apertura “Nejak” che, con le sue influenze psichedeliche, si potrebbe definire una sorta di Krautrock in Opposition. Oppure il “sapore” cremisi di “War” e “Dunaj”, due devastanti pezzi che con incedere marziale trascinano l’ascoltatore in vortici sonori. In “Vodka Express” ritroviamo invece le influenze folk dell'Europa orientale tanto care ai Volapük, mentre in “Paralyse” si riscontrano echi di Zeuhl. “Si tu Veux” è addirittura un brano cantautoriale noir che non sfigurerebbe nella colonna sonora di un film di Tarantino. “5/4” è una dimostrazione dell’eccezionale tecnica chitarristica di Martin Alacam (autore del brano). La traccia finale “Death Illusions” è un’onirica ballad cameristica che chiude il disco nel migliore dei modi.
Tutte queste preziose diversità vengono amalgamate con cura e il disco risulta nel complesso molto omogeneo. Sicuramente ha aiutato l’utilizzo diffuso di strumenti acustici, tuttavia buona parte del merito va riportata anche al magico tocco di Udi Koomran che, come in quasi tutti i dischi made in “Altrock”, griffa la masterizzazione, regalandoci un suono estremamente vivo e coinvolgente.
Come penso si sia capito, il disco è molto bello, ma ciò che sorprende maggiormente e la capacità dei Rêve Général di rendere fruibile una proposta complessa e solo apparentemente snob. Il disco si fa ascoltare con inusuale leggerezza (per gli standard RIO), riesce ad essere trascinante nei momenti più duri, inquietante e tenebroso nelle atmosfere più dark, onirico e sognante nelle parti più psichedeliche e non disprezza nemmeno momenti più melodici.
Spero di aver convinto anche i più timorosi: non lasciatevi spaventare da parole come cameristico, RIO o avanguardia, ma lasciatevi sedurre dai molteplici “sapori” che questo album ha da proporvi.



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Francesco Inglima

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