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RUPHUS Let your light shine Brain 1977 (Karisma Records 2019) NOR

Come promesso e preannunciato dall’etichetta Karisma, che ha meritoriamente deciso di ripercorrere le gesta musicali di questo gruppo fondamentale della scena prog norvegese, ecco pronta la ristampa di “Let Your Light Shine”. Il terzo album in studio dei Ruphus testimonia un’ennesima svolta musicale: dopo il ruvido “New Born Day” (1973) ed il sinfonicissimo “Ranshart” (1974) la band decide di affrontare i sentieri più impervi del jazz rock e per l’occasione sceglie un produttore d’eccellenza come Terje Rypdal che interviene persino in un paio di tracce con i suoi synth ARP e String Ensemble.
Il cantante Rune Østdahl, la cui voce, perfetta in ambito sinfonico, appare meno adatta al nuovo stile dei Ruphus, se ne va ma al suo posto torna la grandissima Gudny Aspaas, già protagonista nell’ottimo esordio, che può esprimersi al meglio in questo nuovo contesto a lei congeniale. A dire il vero il suo apporto è piuttosto limitato nell’ambito di un’opera prevalentemente strumentale ma la sua performance caratterizza molto pezzi come “Sha Ba Wah” o come la title track, posti rispettivamente in apertura del lato A e del lato B del vinile originale. Nel primo caso la sua è una performance senza parole dove la voce sale e si inerpica verso tonalità acute senza difficoltà, lanciandosi lungo i corridoi di una composizione dinamica e dalle chiare inflessioni fusion, caratterizzate da sofisticate tonalità tastieristiche e chitarristiche. Nel secondo caso le parole ci sono e sono in inglese, come si può intuire dal titolo. Le dinamiche musicali sono ancora fluide e questa volta sono ben percettibili piacevoli contaminazioni sinfoniche con synth dominanti. L’unico altro episodio dove possiamo registrare l’intervento della Aspaas è quello posto a chiusura dell’album e che risponde all’intrigante titolo di “Brain Boogie” dove ancora una volta i vocalizzi seguono evoluzioni strumentali talvolta decisamente funky.
I suoni e gli arrangiamenti sono ariosi ed in alcuni episodi, come ad esempio l’elegante “Corner”, possiamo percepire nette influenze Cameliane. Sicuramente Terje Rypdal ha contribuito a dare il giusto taglio a questo album ed il suo intervento diretto sulla breve “Nordlys”, che evoca scenari glaciali e quieti, e sulla già citata “Let Your Light Shine”, che sfoggia un’insolita intro elettronica, aggiunge sfaccettature diverse ad un sound in cerca di nuovi confini. Colloco fra gli episodi più interessanti “Second Corner”, dalle dinamiche agili, dominato da splendidi temi tastieristici e da lunghi assoli di chitarra di stampo jazz a dimostrare la classe di musicisti che hanno saputo dare nuova veste alle loro idee convogliando le loro capacità tecniche in un album sofisticato ma fruibile.
Questo è stato l’album che di fatto ha proiettato i Ruphus nel mercato europeo facendo guadagnare al gruppo la possibilità di esibirsi, nel 1976, nella Germania Ovest in date che andavano spesso sold out. Nonostante questi risultati il futuro riserverà ai Ruphus nuovi arrivi e nuove partenze che scopriremo in occasione della prossima ristampa già schedulata.



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Jessica Attene

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