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RIPAILLE La vieille que l’on brûla Ballon Noir 1978 (Replica Records 2023) FRA

La preziosa ristampa in vinile di cui vi parlo ci restituisce un album davvero singolare, una sorta di farsa satanica che rappresenta l’unica produzione discografica di questo gruppo in prevalenza bretone. Il batterista Michel (Pépé) Munoz è di Concarneau e ha suonato con Dan Ar Braz mentre il bassista Jacquy Thomas, di Brest come il tastierista Patrick Audouin, proviene dalle fila di YS, Keris e Alan Stivell. Gérard Duchemann, cantante e tastierista, viene invece da Nantes ed è proprio sua l’idea di realizzare un concept album ispirato ai racconti di stregoneria ed in particolare alle opere di Claude Seignolle. Il nome Ripaille è invece un omaggio a François Rabelais, protagonista del rinascimento francese conosciuto soprattutto per i romanzi satirici dedicati a Gargantua e Pantagruele. I demo del nuovo materiale sonoro vengono proposti a Laurent Thibault dei Magma, fondatore dell’etichetta Thélème che li invia a Hughes De Courson, membro dei Malicorne, che aveva a sua volta dato vita ad una piccola casa discografica, la Ballon Noir. L’album viene così registrato in Normandia con la produzione di De Courson, che interviene anche nelle registrazioni con i suoi rototom e crumhorn. Il gruppo è completato dal chitarrista Patrick Droguet e conta sulla partecipazione di Jo Coutin alla fisarmonica, di Pierre Holassian al sax alto, di Alain Hergouarc’h al tamburello, di Robert Le Gall al violino e di Emmanuelle Parrenin, cofondatrice dei Mélusine, al triangolo e alla voce.
Questo ricco corredo strumentale svela la presenza di numerose influenze, a partire dal folk, ma a colpire di più senza dubbio è il grande impatto narrativo del concept. La storia è quella di un fanciullo, un “figlio della luna”, che viene abbandonato dalla madre crudele per poi essere allevato da una anziana donna che viveva da sola. Innamoratosi di una ragazza che abitava nei paraggi, il giovane, dall’animo malvagio, finirà per ucciderla ma la popolazione metterà al rogo la povera vecchia con l’accusa di stregoneria. Il ritmo narrativo è incalzante ed è gestito con maestria da un istrionico Gérard il cui stile canoro si avvicina a quello degli Ange.
Le colorazioni tastieristiche sono sgargianti ma tenebrose e sinistre, ci avvolgono fin da subito con uno strumentale dai tratti gotici, “Fils de la Lune”, che ci fa precipitare negli abissi di un’opera per certi versi inquietante. L’intero album è un incastro di luci ed ombre e così “Le Jardin des Plaisirs” ci offre la sua giocosità con ricchi richiami alla musica antica e gentili riferimenti alla PFM. Le gradevoli tonalità acustiche ci introducono la figura di una fanciulla bella “da morire” ed è così che la freschezza di queste fragranze primaverili viene increspata da tristi presagi portati dalle note distorte dei synth fra mille incantevoli giochi di suoni e parole. “Il n’y a plus Rien” è una delicata ballad sinfonica il cui tepore viene spezzato dall’avanzare dalla breve ed incalzante “Satané Jardin”. “La veuve de Nicolas Kremer” rappresenta uno dei momenti più suggestivi dell’opera. Introdotto dalle lente cadenze del crumhorn, il brano sembra la cornice ideale per un oscuro rituale magico. I tamburi segnano il ritmo di una danza medievale e si fanno palpabili i riferimenti a Gentle Giant e ai Malicorne. A contrasto “Le sabbat des sorcières” è addirittura scherzosa con le sue chitarre dal tocco glamour ed i cori sguaiati mentre “Le loups” ha dei forti connotati folk. La title track è nuovamente oscura e teatrale culminando con un finale sinfonico e cantabile in cui sembrano dissolversi tutti i sentimenti negativi. Il disco si chiude in appena 36 minuti con “Epilogue”, una sorta di danza antica con suoni di clavicembalo e intrecci tastieristici araldici e fiabeschi con una conclusione a dir poco burlesca. La bellezza di questo disco sta nella tensione della narrazione ma anche nel mosaico di riferimenti accostati spesso in modo stravagante e colorato, con cambi di atmosfera e passaggi di registro inaspettati che ci portano dal dramma alla farsa in men che non si dica. Difficile non rimanere affascinati da un album così stravagante e ricco di creatività
Il gruppo si ritrova nel 1980 al castello di Hérouville per registrare un nuovo album che dovrebbe intitolarsi “Ah, Faut Profiter Tant Qu'on Peut!” ma i problemi finanziari dell’etichetta ne pregiudicano la realizzazione e la storia dei Ripaille di fatto termina qui. Un vero peccato.



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Jessica Attene

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