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SILVER LINING The inner dragon Musea 2004 FRA

Primo album per la band di Lione capitanata dal curatore della pluriennale fanzine francese “Acid Dragon” Thierry Sportouche il quale ha scritto il concept e i testi e si esibisce nell’album come cantante e narratore. Completano la formazione Nicolas Mourachko alla chitarra e Pascal Indelicato alle tastiere (entrambi ex membri degli Indelspeen) ed infine Annie Morel al violino. Musicalmente parlando ci troviamo di fronte ad un’opera ben realizzata e curata anche se, ohimé, piuttosto ingenua dal punto di vista compositivo, della scelta delle linee melodiche e degli arrangiamenti.

Fondamentalmente si tratta di new prog sinfonico (di stampo più latino che inglese), con tratteggi gotici, con un violino dominante che costituisce l’ossatura delle linee melodiche dell’opera, sempre presente, il quale conferisce alla musica atmosfere delicatamente crepuscolari. Le tastiere sono piuttosto sfarzose, anche se non si abbandonano quasi mai a fughe o assoli. La chitarra, anch’essa ben presente, rafforza l’ossatura delle composizioni con riff taglienti, talvolta piuttosto vigorosi, che tuttavia non debordano mai nell’emisfero oscuro del metal. Il difetto più grande dell’album sta comunque nell’eccessiva schematicità della struttura delle canzoni che a volte vengono eseguite in maniera scandita e quasi meccanica… non so se ricordate l’incubo di Rondò Veneziano! In particolare il lavoro di batteria, impiegata in maniera decisamente poco versatile, e che funziona spesso da semplice metronomo, dà un effetto globale di stanchezza e ripetitività. Una certa punta di fastidio viene percepita anche nell’ascolto delle parti recitate; alla musica viene infatti sovrapposta l’incisione della voce narrante di Thierry (il quale, ammettiamolo pure, non è proprio un’ugola dotata): cosa questa che sicuramente è utile per la comprensione del concept ma che, a mio giudizio, costituisce un elemento di disturbo. Per fortuna comunque queste parti sono piuttosto limitate. Il giudizio finale non è devastante: siamo sulla sufficienza anche se il lavoro, con gli opportuni aggiustamenti, avrebbe potuto fare sicuramente una figura più brillante.

 

Jessica Attene

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