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SAENA Saena Luna Negra/Musea 2008 MEX

La prima volta che ho messo questo cd nel lettore, potendo così apprezzare la bellezza di certe trame sonore, di certi vocalizzi, di certe idee, la mia mente è andata non solo a cosa dovevo scrivere, ma soprattutto per chi dovevo scrivere questa recensione.
Ammesso che qualcuno legga quello che un fesso scrive su un gruppo (e il più delle volte parlando su base emozionale, non certo tecnica o storica, cosa che non potrei purtroppo fare), capisci che non potrai mai fare entrare nella testa dell’appassionato che nel 2009 essere progressivi non è dire “è più bella Close to the Edge o Starship Trooper” o “l’ha più lungo Wakeman o Emerson” o “viva Zuffanti abbasso Marco Carta” perché credo (almeno spero) che siano scontati come concetti (visto che è scontato, allora, si può sapere finalmente chi ce l'ha più lungo fra quei due? n.d.r.).
Essere progressivi oggi dovrebbe significare, in mezzo a tanta mediocrità che anche il mondo prog ti propina giorno dopo giorno, non lasciare passare inosservati gruppi che hanno qualcosa da dire come questo progetto Saena. Essere progressivi oggi dovrebbe significare promuovere realtà che anche muovendosi in ambiti classici (prog sinfonico, folk prog etc) riescono a produrre qualcosa di nuovo, di originale rispetto ai soliti clichè che piacciono tanto e che rassicurandoci fanno acquistare un disco.
Ai pochi interessati può far piacere sapere che il deus ex machina del gruppo è José Luis Fernández Ledesma (considerato che c’è in formazione anche uno che si chiama Zarate, da tifoso giallorosso, se parlerò bene di questo disco è solo ed esclusivamente perché è bello credetemi…), uno dei personaggi più importanti del rock progressive messicano autore di bellissimi lavori che sarebbe il caso di ascoltare prima di tante cose oscure anni settanta.
Ci troviamo di fronte ad una proposta che mischia elementi etnici, folk, chamber rock, jazz su una base rock sinfonica. Basso, stick, violino, tastiere, fisarmonica e chitarra ti fanno entrare in un’atmosfera sonora che risulta incredibilmente originale e piacevole.
Il risultato che ne viene fuori è bellissimo. Dato il background di coloro che partecipano a questo lavoro (oltre il già citato Ledesma in formazione c’è Alejandro Sanchez violinista dei Nazca, ma aspettatevi solo la sua classe, non atmosfere RIO) ci si attenderebbe una produzione sonora ostica, adatta solo agli appassionati dei generi più vicini all’avanguardia sonora. In questo caso non è così, la melodia è alla base del lavoro che evitando i soliti quattro accordi in croce, non disdegna intrecci sonori particolarissimi riuscendo ad esaltare la bellissima voce di Margarita Botello.
Difficile trovare cadute di tono negli otto lunghi brani di questo cd. Sicuramente brani eccellenti come “Venenos y Antidotos” o “Octubre” in un mondo parallelo, dove le persone ascoltano questo genere di musica invece di teorizzarlo, avrebbero meritato ben altri riconoscimenti.
Uno di quei dischi (tanti) che quando lo rimetti nella sua custodia pensi che sia uscito sul mercato in un’epoca sbagliata. Se ne accorgeranno in pochi; per gli altri… tranquilli… il prog è morto nel 1977.

 

Antonio Piacentini

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