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ROMAN STOLYAR Missa apocryph Electroshock Records 2010 RUS

Presentare Roman Stolyar potrebbe rivelarsi un’impresa semplicissima e allo stesso tempo ardua. Basterebbe per alcuni fare il suo nome e tutto sarebbe chiaro ma, per chi non lo conoscesse, avventurarsi nella descrizione delle varie tappe della sua vita artistica sarebbe una cosa fin troppo lunga e complessa. Per darvi una dimensione di quello che rappresenta questo personaggio potrei partire dicendovi che è membro dell’Unione Dei Compositori Russi (organismo che deriva direttamente dall’Unione Dei Compositori Sovietici fondata nel 1932, di cui hanno fatto parte geni quali Šostakovič), dell’Associazione Internazionale delle Scuole Jazz e della Società Internazionale dell’Improvvisazione Musicale, che ha sede negli USA. Il percorso musicale di Roman parte dal Jazz e si espande verso la musica classica e contemporanea fino a toccare le radici della musica folk e le sue produzioni musicali spaziano in ognuna di queste direzioni che spesso però si vengono ad intersecare nell’ambito della medesima opera. Lo troviamo attivo fondamentalmente come pianista jazz e come compositore ma anche come insegnante e scopritore di talenti musicali e le sue collaborazioni sono innumerevoli.
In questo “Missa Apocryph” Roman riesce ancora una volta a conciliare stili musicali distanti, fondendo la musica liturgica, ed in particolare i canti gregoriani, con l’avanguardia e facendo seguire alle proprie composizioni schemi ritmici insistenti e martellanti. I testi sono in latino e si ispirano ad opere sacre apocrife. Questi sono stati scritti da Roman appositamente per lo Sharomov Vocal Ensemble, il quintetto a cappella di Novosibirsk chiamato ad interpretare le avventurose parti corali di quest’opera e composto da Yelena Zabvarfskaya e Olga Ossipova, entrambi soprano, Ludmila Tyukhaeva (mezzo-soprano), Alexander Zverev (tenore) e Pavel Sharomov (basso). La base musicale è un tormentato arazzo di ritmi e intersezioni tastieristiche ed elettroacustiche che aleggiano sullo sfondo delle parti corali come nuvole di incenso che si eleva verso le guglie di tenebrose ed imponenti cattedrali gotiche. Sicuramente tutto questo rientra nella sfera del Progressive Rock ed in particolare mostra sorprendenti affinità con lo Zeuhl. Le sequenze corali imponenti e variegate e le ritmiche martellanti sono qualcosa che richiama immediatamente l’universo sonoro dei Magma, anche se immagino che Stolyar sia giunto a questo risultato probabilmente senza conoscere la discografia di Vander & soci ma attraversando i corridoi, che conosce benissimo, dell’avanguardia e della musica classica. E se Stolyar probabilmente non conosce i Magma, quasi sicuramente non ha mai sentito parlare dei Vox Nostra che utilizzano proprio testi sacri in latino con un effetto abbastanza simile. I sei pezzi qui proposti sono freschi ed originali e colpiscono soprattutto per le evoluzioni vocali movimentate e frastagliate, sicuramente più di quanto lo sono quelle dei gruppi appena citati, mentre la musica riempie sostanzialmente il resto degli spazi, aumentando l’impatto delle voci che appaiono a volte spettrali, a volte magnetiche e a volte imponenti e celestiali. Le sequenze strumentali che incontriamo oscillano fra il sacro, l’alchemico ed il profano, evocando persino l’idea di vecchi riti pagani, attraverso riferimenti alla musica folk (mi vengono in mente in questo senso soprattutto i Folk Opera di Boris Bazurov). In sostanza dovrete fare i conti con un’esperienza di ascolto complessa e non facile ma allo stesso tempo decisamente intrigante e di gran valore artistico che consiglio soprattutto a chi ama lo Zeuhl ed ha uno spirito decisamente avanguardistico.



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Jessica Attene

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