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SUPERNAL ENDGAME Touch the sky, vol. 1 ProgRock Records 2010 USA

Avviso ai naviganti: avvicinatevi a questo album soltanto se siete in grado di sopportare abbondanti dosi di melassa. In questo disco la melodia regna sovrana, tanto da riportarci alla memoria gruppi come Journey e Boston, ma anche qualche vecchia gloria del new prog inglese come i Jadis. Aggiungete a questa proposta a dir poco edulcorata delle tematiche di ispirazione cristiana, con un ospite come Randy George (Ajalon e Neal Morse) al basso, ed il gioco è fatto: tutto apparirà più positivo, più buono, più bello e splendido e sono certa che riuscirete persino a toccare il cielo con un dito, come il titolo promette! Se il vostro cuore batte su queste lunghezze d’onda questo album è decisamente per voi: melodie trionfanti e cantabili, suoni levigatissimi, una musica che scorre allegra con una verve che infonde ottimismo e messaggi positivi saranno per voi di sicuro conforto. Aggiungete anche che l’intervento di numerosi ospiti rende gli arrangiamenti abbastanza elaborati e non proprio scontati, considerando la proposta di base. In particolare l’intervento dei violini di Bradd Bibbs, Randy Lile e Katie Price fa pensare ai Kansas di “Power”, se qualcuno li ricorda, mentre in brani come “Psalm 51” viene persino inserito qualche vago e diluito elemento di folk celtico, con linee melodiche che, dobbiamo dirlo, si avvicinano a volte pericolosamente a qualcosa di Eros Ramazzotti. Il sound in generale ha qualcosa in sé che ci riporta agli anni Ottanta, periodo in cui molti grandi musicisti hanno alleggerito il proprio repertorio a favore di melodie orecchiabili dal sapore sintetico e festoso. Non vi è ostentazione di tecnica qui dentro, anche se la resa sonora è comunque particolarmente curata e non viene mai a perdersi il senso della canzone da intonare allegramente in coro come in una specie di gospel radiofonico. Segnaliamo fra i tanti ospiti Roine Stolt alla chitarra nel pezzo “Grail” che esegue il proprio compito con precisione, senza far variare minimamente il sapore del pezzo rispetto alla media del disco che si presenta piuttosto compatto nella propria impostazione. Un’opera corale, realizzata ad arte secondo uno stile che è volutamente ruffiano e reminiscente di certe esperienze musicali del passato votate all’AOR. Se pensate che tutto questo faccia per voi, non potrete restare delusi perché la ricetta è stata realizzata con tutti i crismi ed ascolterete esattamente quello che vi aspettate di trovare, proprio come in una carbonara fatta ad arte ritroviamo sempre lo stesso rassicurante sapore.


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Jessica Attene

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