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SUL DIVANO Fumigando catedrales autoprod. 2004 ARG

Si possono fare tante cose sul divano, come rilassarsi, ascoltando magari un po’ di buona musica… ma credo che, paradossalmente, nonostante il nome invitante della band, questo CD si presti poco a questo scopo. Vi basti pensare che questo gruppo nasce come interprete delle produzioni di Frank Zappa e già questo fa sfumare ogni aspettativa di relax. A questa passione la band unisce un approccio sanguigno e spontaneo, molto live oriented, basato su un jazz rock decisamente ruvido ed impreziosito da interessanti fragranze latine. Questo album è stato preceduto nel 1998 da un debutto discografico contenente rivisitazioni dal vivo di materiale di Zappa, risalente a diversi periodi della sua vita artistica, e da un EP stampato nel 2000 in cui si iniziano a vedere le prime canzoni originali firmate dal leader e chitarrista Tony Moliterni. Anche in questo album troviamo sia pezzi autografi (fra cui i 4 già proposti nel vecchio EP) che cover di Zappa (3 su un totale di 11 brani). I pezzi originali sono sia cantati (dal bravo David Buzni) che strumentali ma tutti sono briosi e dotati di un pizzico di eccentricità. La chitarra è graffiante e assai dinamica e dona una scorza rock robusta ma non indistruttibile mentre una bella sezione di fiati (con Andrés Hayes al sax alto, Adalberto Venturutti al sax tenore e Andrés Figueroa al clarinetto basso) rende il sound movimentato e fragrante. I pezzi sono molto variegati ma la loro esecuzione appare abbastanza sporca e volendo anche a tratti approssimativa, specie se facciamo un confronto con la perfezione esecutiva tipica dell’entourage di Zappa, ma queste caratteristiche contribuiscono a dare un aspetto genuino e spontaneo a questo album e di sicuro non mette in discussione la bravura dei musicisti che emerge seppure in un contesto polveroso e un tantino traballante. La differenza stilistica fra i pezzi scritti nel 2000 e quelli più nuovi e fra i pezzi autografi e le cover non è significativa e l’album appare unitario e scorrevole. Il cantato è divertente, a volte improntato al jazz, altre volte ha un sapore più urbano e trasandato ma comunque adatto, nonostante le sue imperfezioni, allo stile musicale. Due soli pezzi sono in inglese e cioè le Zappiane “The Meek Shall Inherit Nothing” e ”Marque-Son’s Chiken” ma devo dire che preferisco i pezzi in spagnolo e quelli strumentali che appaiono molto più freschi ed originali nel contesto di un album di sicuro intrattenimento. In conclusione posso consigliare tranquillamente questo album, pur con qualche piccola riserva ed aspetto con ansia un nuovo lavoro che mostri tutti i segni di una decisa maturazione.


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Jessica Attene

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