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SUBTILIOR Absence upon a ground AltrOck Productions 2012 ITA

Dopo le lodevoli prove con gli Areknames, il tastierista Michele Epifani si impegna in un nuovo progetto con il quale cambia decisamente direzione, spostandosi da un prog sinfonico di ispirazione vandergraafiana ad una sorta di chamber rock, molto vicino alle coordinate dettate da quella scuola europea che sul finire degli anni ’70 vedeva come maestri indiscussi i belgi Univers Zero e i francesi Art Zoyd. Il lavoro è suddiviso in due lunghe suite: “Absence”, che sfiora la mezz’ora (ed è composta da tredici tracce) e “Upon a ground”, che invece con le sue tre parti arriva ai quindici minuti e mezzo. In base alle note del libretto, possiamo apprendere che la prima rappresenta un modo per evocare l’assenza attraverso la musica, mentre la seconda è una sorta di tentativo di realizzare una colonna sonora per un cortometraggio muto surrealista degli anni ’20. Le basi da cui parte Epifani fanno quindi immediatamente capire come il musicista voglia dare una spinta verso l’avanguardia alle proprie composizioni, così, abbinando al rock da camera inevitabili influenze classiche, tipo Stravinskij e Bartok, permea l’opera di una matrice “colta”. Sono numerosi i colleghi che gli danno una mano, garantendo il supporto di un’ampia gamma di strumenti, attraverso i quali si crea quasi una piccola orchestra, che all’elettricità di chitarra, basso e tastiere contrappone anche fiati e archi. In “Absence” Epifani è impegnato all’organo Hammond e si nota la presenza di violino, clarinetto e grand piano, mentre una sei corde nervosa e la sezione ritmica spingono verso quei meandri in cui i citati Univers Zero e Art Zoyd si muovevano con maestria. Ne scaturisce un sound tenebroso e opprimente; una sinfonia dark che avanza lenta e minacciosa, pronta a infliggere improvvise stilettate violente. Con due sax tenori, violoncello, Epifani al piano e al sintetizzatore e di nuovo gli strumenti rock presenti, “Upon a ground” si presenta più d’atmosfera e ben rende l’idea di una soundtrack adatta a sonorizzare visioni dell’assurdo. Ritmi sbilenchi accompagnano alla perfezione dissonanze e sequenze strumentali stravaganti, con una miscela timbrica curiosa in cui i languidi fiati si incrociano con gli altri strumenti in intrecci che alternano esperienze crimsoniane a momenti più pacati, dai quali emergono situazioni ambient o soluzioni più vicine alla musica classica del ‘900. L’album è interamente strumentale e si mantiene cupo e visionario per la sua intera durata. Tra i lavori che si aggirano su filoni simili, “Absence uppon a ground” mi sembra uno dei migliori degli ultimi anni insieme a “Barbaro (ma non troppo)” dei Present e a “Moonberry” dei Pikapika Teart.



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Peppe Di Spirito

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