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SATANIQUE SAMBA TRIO Bad trip simulator #1 autoprod. 2012 BRA

I Satanique Samba Trio sono un settetto… e già c’è qualcosa che non quadra… un settetto, dicevamo, di musica sperimentale e questo “Bad Trip Simulator #1” è il secondo (sì, il secondo) volume di una trilogia iniziata nel 2010 in cui il gruppo tenta di unire alle devastanti sensazioni scaturite dall’assunzione di stupefacenti un po’ di samba e, più in generale, di Musica Popular Brasileira. Ad alimentare ulteriormente le sgradevoli percezioni di un viaggio psichedelico andato male interviene inoltre la repellente copertina che raffigura un nugolo di vermi brulicanti e quelli che sembrano essere i resti di un piccione in stato di putrefazione. Deliri e numeri a parte, dubito che abbiate mai ascoltato qualcosa di simile altrove, sempre che non vi siate avventurati per qualche strano caso nel debutto discografico del 2004, “Misantropicalia” o nel successivo “Sangrou” del 2007… La musica qui contenuta, una mezz'oretta di cattive vibrazioni ripartite in quindici brevissime dosi, è sì decisamente originale ma allo stesso tempo riesce ad essere a volte addirittura insopportabile, cosa che del resto era chiaramente nelle intenzioni del gruppo che ce l’ha messa davvero tutta per instillare sensazioni repellenti in questo micidiale mix di avanguardia, elettronica (appena un goccio) e ritmi brasiliani. Ma non crediate che si tratti di roba da buttare nella spazzatura perché le idee, seppure malsane, sono realizzate con strategia e arte. I ritmi brasiliani, dicevo, sono il collante perfetto per questo delirio. Basta un po’ di bossanova e sembra quasi che su questo ritmo, che scorre velocemente nelle vene una volta iniettato, ci si riesca persino a dondolare, ma ogni trama ritmica presto finisce per spezzarsi, assieme ai nervi di chi ascolta; come anche sul più bello, può darsi che tutti i fili vengano riannodati in qualche modo e, proprio quando tutto sembra diventare fin troppo insopportabile, le nostre orecchie trovino finalmente sollievo riaggrappandosi a qualche cadenza oppure cullandosi nell’illusione che il repentino cambio di traccia porti una qualche ventata di freschezza. Non vi fidate se il carnevale grottesco di suoni danzanti della traccia di apertura, “Banzo Bonanza”, vi appare frizzante e sinuoso. Quando il ritmo giunge quasi ad impossessarsi di voi ecco qualche stramba variante e la musica finisce con lo sbriciolarsi. E’ il caso di “Afro-sinistro”, una miscela di musica da camera e jazz rock pervasa da un saltellare bizzoso di strumenti semi accordati che volano lungo una strada piena di buche per poi venire sviati da diversivi ed imprevisti, oppure del fitto e divertente guazzabuglio di ritmi di “Splatter gore finesse”. In “Dyabolin”, che raggiunge l’eccezionale lunghezza di circa 7 minuti, la musica sembra persino procedere a passi spediti e leggeri, ancheggiando e qualche volta scricchiolando, con la chitarra che sembra strimpellata più che pizzicata ed il cavaquinho che viene sollecitato in un titillamento fastidioso e continuo. Sullo sfondo compaiono disegni melodici oscuri con il piano elegante, archi e fiati dai respiri profondi, un po’ alla Univers Zero, se si può azzardare il paragone. Un altro paragone che mi viene in mente è quello con gli argentini La Mujer Barbuda di “Lagartos Terribles” ma questo gruppo non ha la bossanova nel sangue.
Riassumendo, dentro questo album troverete scossoni continui che danno la nausea, melodie destrutturate ordite da un sound asciutto e minimale, ingorghi sonori, rumori e soprattutto ritmi coinvolgenti e ossessionanti imbastiti in un insieme insolito che ora seduce, ora ti piglia a schiaffi e altre volte ti fa fare incubi ad occhi aperti, come in un bad trip insomma.


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Jessica Attene

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