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SYNE Croma autoprod. 2015 ITA

Non è facile “credere” a priori in un gruppo che viene presentato come eccezionalmente originale al punto da aver inventato un vero e proprio genere musicale nuovo, soprattutto al giorno d’oggi. Si parla di e-rock nell’introdurre i Syne (originariamente Synesthesia) e si tratterebbe di una sorta di fusione tra rock elettronico e progressive. Premesse abbastanza presuntuose, ma quello che conta è l’ascolto dell’album, che, lo diciamo subito, ha una sua validità, ma da qui a prendere per vera l’affermazione che siamo di fronte ad un nuovo genere ce ne passa. In “Croma” abbiamo la possibilità di sentire nove brani di breve durata, concisi, in cui effettivamente vecchio e nuovo si fondono e contemporaneamente si cerca di essere diretti, orecchiabili, ma non banali.
Nei trentacinque minuti dell’album si avvertono riferimenti al passato anche abbastanza variegati, al punto che in alcune occasioni si ha l’impressione che la proposta dei Syne parta da certa new-wave degli anni ’80 che viene però trasposta ai giorni nostri, riempita di elettronica, con tastiere alla ricerca di suoni stravaganti, sintetici e un po’ algidi, con chitarre abbastanza dure, a tratti al limite del metal e dando sempre un occhio attento alla melodia. Vengono alternati il cantato in italiano e in inglese e durante l’ascolto potrebbero venire in mente i Bluvertigo di Morgan o qualcosa dei Nine Inch Nails non troppo spinta, ma, per rimanere in ambiti più vicini alle pagine di Arlequins, non esito a dire che in più frangenti mi è venuto in mente il brano “Automaticamente” con cui la Premiata Forneria Marconi, nell’album “Serendipity”, sorprese (non sempre in positivo) molti. Tra riff agguerriti, ritmi ossessivi ed effetti elettronici a go-go che non danno tregua, i contenuti “Croma” mostrano una band che ha le idee chiare, ma che non può né essere considerata geniale né essere vista come ventata di aria fresca e nuovo potenziale punto di riferimento nell’attuale panorama prog.
Un consiglio a questi ragazzi: lasciate perdere l’e-rock e i tentativi di impostare una sorta di “immagine” che vi presenti come paladini di una musica nuova e mai sentita prima, può essere controproducente. Si fa fatica a vedere in questo disco qualcosa di realmente innovativo, ma qualità per emergere ci sono ed è apprezzabile il tentativo di fondere stili diversi e cercare di spingerli verso una direzione unica, evitando accozzaglie confuse e poco credibili e in maniera tale da poter attirare svariati tipi di appassionati; un pizzico di umiltà e di maturità in più probabilmente non guasterebbero.



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Peppe Di Spirito

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