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ELAINE SAMUELS AND KINDRED SPIRIT Phoenix rising autoprod. 2015 (Cherry Red 2016) UK

Iniziare un album con una chitarra acustica per quanto mi riguarda è sempre una scelta azzeccata. Il suono nitido e cristallino dell'accordo sgranato suonato senza esitazioni mi ha messo immediatamente di buon umore, nonostante "Kindred spirit" sia una ballata malinconica. La canzone è molto bella, con le sue atmosfere misteriose ed il suo essere quasi completamente acustica, con qualche percussione a guidare il ritmo insieme alla chitarra, il flauto e il violino a disegnare melodie magiche e la limpida voce a cantare di viaggi nello spazio e nel tempo alla ricerca della pace. Sarebbe stato più d'impatto iniziare con la successiva "Life is a circus", frizzante e allegra canzone che mi ha ricordato "Moonlight shadow" di Mike Oldfield, strepitosa hit degli anni '80, meno rappresentativa della musica prodotta da Elaine e dalla sua band e che quindi avrebbe rischiato di falsare le aspettative degli ascoltatori sul resto del lavoro.
In generale, la musica è facilmente definibile come un folk-rock di stampo anglosassone abbastanza tradizionale, pensato, interpretato ed arrangiato con perizia e debitore di band storiche come Fairport Convention o Renaissance. Le canzoni scritte da Elaine sono tutte belle, piacevoli da ascoltare nel modo che hanno di trasmettere un senso di positività, sia nei testi che nella musica. Gli arrangiamenti sono prevalentemente acustici, con chitarra, flauto e violino a dominare la scena, a parte alcune eccezioni come "Feed the fire", un hard rock molto tirato più vicino a certe cose dei Jethro Tull, "Let the music set you free" e "Wolves at the gate", dove è anche la voce di Elaine a farsi grintosa. Molto suggestiva "It's not too late", lunga ballata dal ritornello epico e lo svolgimento in crescendo. Le brevi "Beautiful day", "Let's be happy" e "Drunken landlady" (una reel strumentale della tradizione musicale irlandese) trasmettono positività e allegria, mentre a chiudere il disco troviamo le lunghe storie raccontate nella malinconica "Children of the stars" e in "The phoenix", dallo svolgimento più complesso e progressivo. Una menzione a parte merita la versione di "Horse with no name" degli America, canzone tanto semplice quanto bella che Elaine fa propria in maniera azzeccata.
"Phoenix Rising" è un bel disco che non ha bisogno di particolari predisposizioni per essere apprezzato. È molto diretto e concreto, e soprattutto si avverte che è stato realizzato con divertimento e passione per un tipo di musica fuori da qualsiasi moda. Da ascoltare anche solo per questo.


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Nicola Sulas

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