Home
 
SOUNDS LIKE THE END OF THE WORLD Stories Progressive Promotion Records 2017 POL

Questi quattro ragazzi polacchi non potevano scegliere un nome più adatto per rappresentare ciò che si definisce come post rock ed inevitabilmente il feeling di immane disastro che caratterizza buona parte delle produzioni che vanno dai GY!BE in avanti lo ritroviamo anche in questo secondo cd dei Sounds Like The End Of The World che, per nostra convenienza, chiameremo SLEOW. Con “Stories” i nostri post-rockers hanno trovato uno spiraglio importante per farsi conoscere da un pubblico più vasto dopo aver sfruttato l’occasione di suonare al festival organizzato periodicamente dalla Progressive Promotion in Germania. “Stories” è un lavoro interamente strumentale, suonato in formazione standard con basso, batteria e due chitarre elettriche. La grafica del digipack introduce con efficacia un contenuto musicale introspettivo che rispecchia una quotidianità fatta di tante sfumature che tendono inevitabilmente a virare verso tonalità scure, velate di un certo tocco di misticismo che musicalmente tende ad avvicinarsi verso certe cose dei Neurosis. Le sonorità spaziano così verso una moltitudine di emozioni differenti, ad incominciare dalla cruda irruenza postcore, con qualche ammiccamento metal-sludge, ma le partiture sono aperte abbastanza per dare alla musica un senso di ariosità austera e un romantico senso di fuga che rifugge da spleen depressivi o monolitiche visioni apocalittiche; le velleità progressive così non sono neanche tanto fuori luogo perché i SLEOW riescono a gestire in modo scorrevole emozioni e situazioni in continuo movimento ed evoluzione, che vanno dal mood estatico e un po’ catatonico ad impennate di rabbia più o meno controllata, l’identità progressive si individua specialmente negli arrangiamenti strutturati in modo da offrire diversi punti di vista espressivi e comunicativi: il linguaggio sonoro, pur se fedele ad una particolare estetica, quella post rock, si libera verso una pluralità espressiva di contaminazioni che passano anche dalla psichedelia al folk. L’esecuzione degli otto brani è compatta e senza troppi fronzoli, si punta molto alla ricerca dell’atmosfera intensa e pregna di significati, senza essere troppo pretenziosi, a dire il vero, grazie ad un approccio live e diretto, con poche o nulle rifiniture in studio. Gli amanti di Mogwai e God Is An Astronaut avranno con i Sounds Like The End Of The World materiale adatto per soddisfare i propri sensi, senza aspettarsi rivoluzioni se non una mezz’ora abbondante di buona musica.



Bookmark and Share

 

Giovanni Carta

Italian
English