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TARANTULA AD Book of sand Kemado Records 2005 USA

A volte c'è da chiedersi cosa possa mai passare nella testa di alcuni artisti, questi Tarantula AD probabilmente sono rimasti folgorati dalla visione di qualche antico peplum "sandalone" storico o magari sconvolti da una recente visione de "Il Gladiatore"... Scherzi a parte, le idee bizzarre e strampalate di questo scellerato trio newyorkese, giunto al primo full length album dopo la recente pubblicazione di due ep, si sono concretizzate nella realizzazione di un disco sfacciatamente ambizioso nel voler creare un'opera rock dalle proporzioni epiche, un concept album interamente strumentale sull'ascesa e la caduta dell'impero romano. Divisa in tre parti distinte, intitolate "The Century Trilogy", quest'opera prima dei Tarantula AD assume praticamente la forma di un'unica suite di oltre cinquanta minuti in cui si cerca di fondere, non senza una certa lucidità ed arguzia, le più disparate forme musicali, dal doom-metal alla musica classica, dalle tendenze folk-neoclassiche di certo post rock, vengono in mente formazioni come Godspeed You Black Emperor e Tarentel, ad inaspettate e trascinanti deviazioni latino-americane, come accade nel brano "Palo Borracho", versione live dell'omonimo pezzo già edito nel primo mini cd della band, pubblicato nel 2004. Quello che sarebbe apparso, con un pò di sarcasmo, come il vaneggiamento delirante di un gruppo di frustrati, in realtà si è concretizzato in un disco coinvolgente ed affascinante, inaspettatamente più solido ed ordinato nella forma di quanto si potesse immaginare, anche se in fin dei conti meno originale e stravagante di quanto pretende d'essere. Per l'occasione, sono intervenuti a dare man forte nelle parti vocali di "Book of Sand" Sierra Cassidy (CoCorosie), Alexander e Damon McMahon (Inouk), ed il folk-singer cult Devendra Banhart; inevitabilmente certe parti folk-acustiche risentono di una certa contemporaneità minimale negli arrangiamenti, nell'espressione del cantato e nelle sonorità; altrove si respira un'atmosfera da primi anni settanta, negli esotismi pseudo-psichedelici, in certi vocalizzi e cori che sembrano quasi voler richiamare persino i Marsupilami di "Arena" (nel secondo brano, "Who Took Berlin, part I"), gli High Tide per la contrapposizione fra chitarre heavy ed un violino assai tetro... Sino a sfociare nell'austera ed incalzante grandiosità sinfonica per pianoforte e sezione d'archi di "Who Took Berlin, part II", oppure nei sei minuti di fuga per solo pianoforte di "The Lost Walz"...

 

Giovanni Carta

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