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TEMPEST The double cross Magna Carta 2006 USA

Per quanto ci riguarda, avevamo lasciato i Tempest all'altezza del loro quinto album ("The gravel walk"), pubblicato nel '97. In questo lasso di tempo Lief Sorbye e soci non si sono certo arrestati, a quanto pare, avendo pubblicato altri due album e alcune raccolte, fino a questo "The double cross". Ascoltiamo quindi con curiosità questo nuovo lavoro per scoprire se il gruppo è ancora come lo ricordavamo e… sì, direi di sì… non è cambiato proprio nulla nella proposta musicale dei Tempest, sempre alle prese con un folk rock ricco di sonorità e ritmiche celtiche. L'album è un alternarsi di brani veloci e rockeggianti e ballate semi-acustiche, sempre col cantato di Lief in primo piano, con la sua cadenza quasi da cantastorie. I Tempest sembrano ancora di più una meteora celtica piombata non si sa come nel bel mezzo degli Stati Uniti e l'utilizzo di strumentazioni tipiche come il bodhran, il mandolino e quant'altro fa di tutto per accrescere quest'impressione. C'è da dire tuttavia che, rispetto alle ultime prove che avevo avuto modo di ascoltare, il gruppo ha centrato meglio il suono e le atmosfere che vuole ricreare, irrobustendolo sì, ma senza assolutamente perdere di vista la propria componente celtica. "The double cross" apre con "Captain Kidd", un brano potente che impone alla malcapitata audience di alzarsi e mettersi a ballare sui tavoli, come del resto molti dei 10 brani qui presentati quali i medievaleggianti "Black Eddy" o "Vision quest". La seconda parte del CD vede la riproposizione di alcune canzoni tradizionali norvegesi ("Per Spelmann") e scozzesi, riviste in chiave più (ma non troppo) rock. Il disco si chiude con la lunga (10 minuti) "Wizard's walk", un'altra composizione tradizionale che probabilmente dal vivo diverrà uno dei classici della band.
Insomma… niente di nuovo sotto il sole dei Tempest; gli anni sono passati, il genere proposto è sempre lo stesso, ma, come detto, mi sembra che sia avvenuto un certo miglioramento stilistico e un affinamento del sound. Ognuno giudicherà in cuor suo se ciò è abbastanza o meno.

 

Alberto Nucci

Collegamenti ad altre recensioni

TEMPEST Turn of the wheel 1996 
TEMPEST The gravel walk 1997 

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