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THIS HARMONY Leila saida Lizard 2006 ITA

Per parlare di questo disco sarebbe opportuno partire dal manifesto d’intenzioni di questo gruppo.
I This Harmony sul loro sito scrivono: “A poco servono le parole, in casi del genere. Quindi, piuttosto che fermarsi al “facciamo rock…indie rock…indie rock da salotto”, vale la pena allungare un piede oltre la linea.
Facciamo musica perché è l’arte che abbiamo incontrato; ma è più grande di noi. Musica è un oceano sconfinato e noi, con i nostri nomi e le nostre facce, polvere al vento.
E poi sì, abbiamo una batteria un basso una chitarra e pure un violino. Si potrebbe discutere a lungo... ma questo è solo il modo che abbiamo trovato per lasciar parlare la musica.
Non ha un valore intrinseco.
Arte è parola che sottende un significato molto remoto, e forse non ne siamo degni: ma l’amiamo più dei nostri strumenti. L’amiamo perché risuona al dì sopra delle nostre volontà.
Cerchiamo solo di darle una mano. Con gesti puri, senza terremoti né grandi esplosioni, perché c’è tutta una serie di cose tra il bianco e il nero.
È piuttosto semplice, per la verità, si tratta solo di (voler) ascoltare, di sedersi e ascoltare, silenziosamente, ciò che nell’animo nostro, risuona scaldandoci.

"Leila Saida" (buonanotte in arabo) si compone di 9 brani senza titoli specifici (si dividono tra composizioni e improvvisazioni). Un titolo potrebbe togliere qualcosa alla magia di questi suoni semplici, ma nello stesso tempo incantati, potrebbe togliere qualcosa alla fantasia che crea nell’ascoltatore questo dischetto. Il titolo diventa un optional, un orpello che limita la forza della musica.
Potremmo parlare per ore e giorni se questo lavoro è progressivo, di certo penso che tutto ciò che è bello sia legato in qualche maniera a questo mondo e sarebbe un peccato perdersi questo gioiello tanto semplice nelle sonorità quanto forte nei risultati.
Basta un basso, una chitarra, una batteria e un violino per creare la magia dei suoni, magia che può essere creata in un salotto perché non c’è bisogno di iperproduzioni o sovraincisioni, non c’è bisogno per forza di suoni pomposi per rendere l’idea di forza, l’idea di gioia e di malinconia che traspare tra queste tracce.
Basso e violino in tutti i brani fanno la parte del leone, la chitarra sempre precisa ha un ruolo più che altro ritmico ma non per questo meno intrigante e anche la batteria con quelle atmosfere tranquille riesce a ritagliarsi il proprio spazio. Se proprio vogliamo avvicinarli a qualcuno pensiamo ai Mogwai e ad un certo post rock
Per trovare dischi belli non serve necessariamente girare per il mondo. A volte basta guardarsi intorno, a Perugia per esempio...

 

Antonio Piacentini

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