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TERRAEX Somnia Musea Parallele 2009 NOR

Ok… tuffiamoci per l’ennesima volta nel “magico” mondo del “prog related”.
I Terraex son norvegesi, nati nel 2007 dalla mente del polistrumentista Carlos Sanchez che si fa aiutare in questo album d’esordio da Maria Toresen alla voce (ma suona anche piano e violino), Gunvar Bie alla batteria, e Andrea Unmarino alle chitarre. Son norvegesi ma potrebbero essere di qualsiasi parte del mondo occidentale, visto che la proposta musicale che ci propongono è abbastanza standardizzata pur non nascondendo (considerato poi che ci troviamo davanti un’opera prima) punte di personalità piuttosto delineate.
Se da questo lavoro cercate il progressive, il vero progressive… beh… non c’è!
Potrei fare un paragone con i Magenta (quelli di “Home”), ma a parte qualche atmosfera e la voce femminile questo sarebbe veramente troppo azzardato, quindi chi cerca determinati suoni e determinate sensazioni è bene che smetta di leggere e cerchi qualche altra recensione.
Se invece dalle vostre orecchie non è considerato un delitto ascoltare anche qualche cosa di diverso dal sinfonico o il New Prog che non sia per forza avanguardia, RIO o Post Metal, può esservi d’aiuto il sapere che i Terraex fanno un onesto Rock, orecchiabile, fatto bene e con una formula abbastanza personale. Una formula che magari farà schifo al cinquantenne ma che al ventenne che guarda MTV può risultare anche azzeccata.
Mischiare Goldfrapp, Tori Amos, i Radiohead più canonici, gli Evanescence meno commerciali, con suoni di Mellotron e tastiere analogiche, non sarà il massimo della vita per chi deve per forza essere “contro”, ma per chi cerca dalla musica anche il lato più di scanzonato, gli undici brani contenuti in questo "Somnia" sono più che adatti, anzi risultano anche migliori di certe produzioni inglesi iperpompate che le major propinano al mondo adolescenziale.
I Terraex sono un gruppo che ha nelle sue corde lo sfornare eventuali hit da classifica (altra bestemmia), esempi in questo esordio possono essere “Dirty girl”, “Honesty” e “Days of despair” e magari in mano ad una major riuscirebbero a fare uscire in maniera dirompente quel potenziale commerciale che hanno dentro di loro.
Mi rendo conto che sto parlando dei Terraex come potrei fare per un gruppo pop/rock… ma è proprio di questo che stiamo parlando… un gruppo pop/rock . Mi rendo anche conto che se questo disco non avesse scritto Musea sulla copertina non se ne parlerebbe su queste colonne.
Partendo dal presupposto che non credo che quando le etichette Progressive indipendenti storiche (Musea, Mellow, Cuneiform etc etc, anche utilizzando sotto etichette) imprimono il proprio logo su una produzione diversa da quelle alle quali ci hanno abituato, non mettano in conto che l’appassionato (ossia quello che compra una loro produzione e non la scarica), possa rimanere spiazzato, nel momento in cui decidono di promuoverla deve esserci qualcosa che li spinge a “rischiare” eventuali critiche oltre il legittimo scopo di vendere qualche copia in più.
Quel qualcosa per quanto riguarda i Terraex forse sta proprio nell’unire elementi che possono sembrare tanto banali con aspetti musicali a noi tanto cari quanto possono essere un Mellotron o una tastiera vintage il tutto poi confezionato bene e decorato dalla bella voce (e dalla bella presenza) di Maria Torensen, a qualcuno (credo in parecchi) questo non basterà ma ci può stare e penso sia stato messo in conto.
Quello che alla fine della fiera però a me interessa è che questo lavoro stanca poco ed è un disco che in macchina con gli amici fa la sua bellissima figura e anche se può sembrar poco assolutamente non lo è.



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Antonio Piacentini

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