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Nome particolare che evoca quelli del prog italiano degli anni ’70; copertina tra il fantasy e il surreale; andando a spulciare tra i nomi dei musicisti del gruppo troviamo Stefano “Lupo” Galifi, sì, proprio il vocalist del Museo Rosenbach… Beh… direi che ci sono davvero tutte le premesse per ascoltare un certo tipo di prog… E queste premesse vengono mantenute in pieno, visto che l’esordio del Tempio delle Clessidre si dipana lungo quasi un’ora di ottimo rock sinfonico nella piena tradizione italica, quella in cui hanno avuto un’importante voce in capitolo i vari Banco del Mutuo Soccroso, Metamorfosi, Quella Vecchia Locanda, Balletto di Bronzo, l’inevitabile Museo, ecc. La mente principale del gruppo è la tastierista Elisa Montaldo, immagine gotica e seducente, una sana passione per il progressive rock di ogni epoca e di ogni latitudine e, soprattutto, una preparazione tecnica invidiabile e ottime capacità di songwriting. Il suo incontro con Galifi, avvenuto nel 2006 dà il La alla nascita del Tempio delle Clessidre, concepito per proporre dal vivo il mitico album “Zarathustra” del Museo Rosenbach. Il concerto con questa esecuzione è suonato l’anno successivo e a quel punto la band comincia a ragionare sulla possibilità di proporre del materiale inedito. Dopo qualche anno di preparativi, quel progetto arriva oggi al pieno compimento grazie a questo esordio, nel quale Elisa e Lupo sono coadiuvati da Fabio Gremo al basso, Giulio Canepa alle chitarre e Paolo Tixi alla batteria. L’album contiene una serie di composizioni ben costruite e perfettamente eseguite e si avverte una forte omogeneità che fa percepire diverse influenze derivanti da artisti che hanno fatto la storia del prog. Oltre quelli già citati, inevitabile anche un riferimento al rock sinfonico di Emerson, Lake & Palmer e dei Goblin. Per di più, le architetture gotiche erette dalle tastiere fanno spesso venire in mente la migliore Keiko Kumagai delle Ars Nova, quindi non tanto quella che si è lanciata in esibizionismi un po’ sterili negli anni recenti, quanto piuttosto la keyboards-wizard che nei primi album era capace di avventurarsi in fughe trascinanti e di creare atmosfere colme di pathos. Ad ogni modo ascoltando il CD fanno bella mostra melodie ariose, slanci classicheggianti, energia rock, cambi di tempo e di atmosfera e sempre nella migliore tradizione italiana. Da segnalare qualche episodio più particolare, come “La stanza nascosta”, sorta di ballata classicheggiante carica di tensione e ben articolata tra pianoforte, voce, violoncello (suonato dall’ospite Antonio Fartinuoli) e chitarra acustica, oppure “L’attesa”, indirizzata verso uno hard-prog influenzato dal Biglietto per l’Inferno, ma capace anche di aprire dimensioni più spacey e oniriche. Alcuni brani farebbero ottima figura su un qualsiasi album della Maschera di Cera, ma al di là dei paragoni, l’avrete ormai capito, questo è davvero un bel disco. La dark lady Elisa fa subito centro e insieme ai suoi compagni di avventura sforna un lavoro di grande qualità, destinato soprattutto ai numerosi amanti del rock progressivo italiano più classico.
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