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T Psychoanorexia Progressive Promotion Records 2013 GER

Prendiamo un po’ i Marillion più prog del periodo Hogarth (quelli delle suite “This strange engine”, “Interior Lulu”, “Ocean cloud”), il giusto tasso di tecnologia, melodie di stampo gabrieliano e aggiungiamoci contaminazioni dello Steven Wilson solista, con tanto di tentazioni post-rock dalle atmosfere eteree. Partendo da questi punti si può cominciare a capire che tipo di proposta sonora ci offre Thomas Thielen nel 2013, con il suo quarto album a nome T. Il talento enorme del musicista tedesco è venuto a galla pian piano e giunge oggi alla perfetta maturità, mostrando non solo capacità superiori alla norma, ma anche evidenziando un momento di grandissima ispirazione. Ancora una volta T fa tutto in perfetta solitudine, accollandosi ogni fase del lavoro, dalla quella compositiva alla cura degli arrangiamenti, fino all’esecuzione, alla registrazione e al missaggio. Al fianco di strumenti solitamente presenti in album di progressive rock, T inserisce in buona quantità anche strumenti più particolari come il duduk, il trombone, il violoncello, coordinandoli alla perfezione con sonorità orchestrali, nonché con loops e samples elettronici. Riesce così a creare una miscela sotto certi aspetti stravagante, capace di regalare continue sorprese. “Psychoanorexia” è, infatti, un disco che si caratterizza molto per l’alternanza di momenti pacati, quasi minimali, con le tastiere a disegnare scenari sonori ai limiti dell’ambient e deflagrazioni improvvise che virano verso un rock sinfonico sferzante e robusto. Tutte le composizioni (quattro in tutto, di cui tre suite che vanno oltre i diciotto minuti) presentano queste peculiarità, con dinamiche praticamente imprevedibili per sviluppi e suoni. Da atmosfere sospese e prolungate si passa a melodie sognanti e malinconiche, un po’ marilliche, un po’ floydiane, per poi spingere molto sull’acceleratore attraverso un sound roboante, tecnologico e schizoide. Così, il prog romantico di base si unisce a sperimentazioni che hanno similitudini con le trovate di alcuni artisti che maggiormente hanno osato nel rock recente (si pensi a Bjork, Radiohead, David Sylvian, Sigur Ros, lo stesso Peter Gabriel). “Psychoanorexia”, inoltre, può essere visto come un concept album in cui T si scaglia contro l’età moderna evidenziando i difetti della società del nuovo secolo, le difficoltà nelle relazioni, le negatività e contraddizioni del mondo musicale, sempre più piatto anche a causa degli sviluppi tecnologici. Alla fine, si può anche individuare una certa verbosità nei testi, ma bisogna ammettere che di buone idee in questo album ce ne sono a bizzeffe e che il processo di contaminazione che cerca (e trova) T denota una personalità forte e fuori dal comune. Forse proprio nei suoi estremi “Psychoanorexia” mostra allo stesso tempo i pregi e i difetti: ingegnose costruzioni, tanto pathos, sorprese nei vari break strumentali, ma anche, a volte, delle lungaggini che si protraggono troppo con conseguente fatica a seguire bene la musica. In fin dei conti risulta quindi un album un po’ prolisso e difficile da digerire tutto d’un fiato, eppure T ha dato nuovamente prova, dopo le buone intuizioni nei suoi precedenti lavori solisti, di avere dalla sua una scintilla creativa con la quale può fare grandissime cose. Con piccoli aggiustamenti può aspirare ad un posto tra i grandi del prog del ventunesimo secolo.


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Peppe Di Spirito

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