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TAPROBAN Per aspera ad astra Musea Records 2017 ITA

Con una formazione parzialmente rinnovata (il batterista Francesco Pandico, presente comunque in un brano dell’album, è stato sostituito da Ares Andreoni) tornano i Taproban di Gianluca De Rossi (tastiere di ogni tipo e voce) e Roberto Vitelli (basso e chitarre) con il nuovo album “Per aspera ad astra”. Si tratta del quinto album per la band capitolina che, per l’occasione, risuona completamente sei brani presenti in lavori precedenti (quattro da “Outside nowhere” e due da “Posidonian fields”), mentre tre sono i pezzi inediti. Un bellissimo quadro di Daniela Ventrone funge da copertina-contenitore per il full-length.
I tre brani nuovi iniziano con “Fragments of life”, un breve bozzetto per tastiere e chitarra acustica. “D.I.A.N.A”, acronimo di “Domotic Interface Artifical Neurological Android”, è un esempio dell’amore di De Rossi per la fantascienza, cui la musica fortemente richiama. “Agata lost in the mirror whale”, infine, è una vera e propria scorribanda tastieristica di De Rossi, coadiuvato dalla possente sezione ritmica di Pandico (nella sua unica performance) e Vitelli.
Tra i brani già pubblicati e qui risuonati completamente, spicca la suite “Outside nowhere” (leggermente più breve rispetto all’originale): un omaggio ai cosmonauti che nel corso dei decenni hanno perso la vita nelle varie missioni spaziali. La strumentazione “vintage” dona ulteriore fascino alla già splendida composizione dominata, al solito, dal leader alle tastiere e da Vitelli con il possente suono del suo basso. Pezzo ad alta “gradazione” sinfonica, davvero riuscitissimo. “Il difficile equilibrio tra sorgenti d’energia”, altro omaggio alla fantascienza, ci rimanda indietro nel tempo quando un altro trio (EL&P) imperversava in tutto il mondo.
L’universo Star trek e klingoniano sono i protagonisti di “veS ml’ laHgach”, altro saggio di bravura di De Rossi e soci con lo Hammond ad imperversare sul finale. Impreziosita dal sax di Antonio Marangolo è “Nexus”, emotivamente molto coinvolgente e malinconica e dove, sul finale, si possono sentire le ultime parole del cosmonauta russo Vladimir Komarov prima dell’impatto della sua navicella sulla Terra. Un’atmosfera drammatica ben delineata dalla band qui meno debordante che nelle precedenti occasioni.
Due brani di “Posidonian Fields” chiudono questa raccolta: “Entwinings” è un breve pezzo per pianoforte, più articolato “Octopus” (cantato in inglese) dalla più decisa impronta melodica, che comunque non impedisce al trio di “scorrazzare” tra continui virtuosismi.
Il giudizio finale su “Per aspera ad astra” è ampiamente positivo. Certo, i tre brani inediti rappresentano una piccolissima porzione del lavoro e di questo bisogna senz’altro tenere conto. I sei brani già editi, invece, acquisiscono una brillantezza davvero notevole rispetto alle già più che buone versioni originali, e per ora ci accontentiamo di questo. Siamo tra coloro, però, che si attendono un lavoro interamente “nuovo” e, perché no, magari anche un bel “live”.



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Valentino Butti

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