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TRANSNADEŽNOST' |
Monomyth |
No Name / Addicted Label |
2018 |
RUS |
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Dai deserti californiani alle ampie distese russe forse non corre una così grande differenza se pensiamo alle formazioni stoner rock che stanno proliferando ultimamente in territorio russo, come nel caso dei Transnadežnost', anche con un elevato quoziente lisergico, tanto da travalicare i già labili confini che suddividono le bordate hard/heavy in acido tipiche dello stoner dal più evocativo trip psichedelico. I Transnadežnost' provengono da San Pietroburgo e "Monomyth" è la loro prima raccolta compiuta di brani, se escludiamo un paio di registrazioni tra il 2015 ed il 2017, pubblicata su un bel cd tramite una etichetta moscovita no-profit dedita alla psichedelia russa, la "(No Name)", identificabile solo con il numero di catalogo. "Monomyth" è nella sua sostanza un bel viaggio quasi del tutto strumentale di circa cinquanta minuti, con sonorità piuttosto raffinate che si irradiano su improvvisazioni chitarristiche che variano dalla più pura exploitation lisergica al jazz rock, con qualche accento non particolarmente esasperato tendente al doom/heavy sempre comunque in termini space psichedelici. Formazione tipicamente a quattro, con due chitarre (Aleksandr Yershov e Alesya Izlesa), basso (Nikolay Vladimirovich) e batteria (David Aaronson), i Transnadežnost' hanno un approccio da jam-band psichedelica dedita a lunghi brani strumentali in cui gli assoli di chitarra si espandono per favorire alterazioni di coscienza e fasi di meditazione cosmica, con tutto un bagaglio cultural-musicale che copre circa 50 anni di musica, dai Greateful Dead al John Mac Laughlin di "Devotion" passando per gli Hawkwind e Steve Hillage fino ad arrivare alle più recenti tendenze heavy psych di Colour Haze ed agli esploratori sonici come Øresund Space Collective oppure i connazionali Vespero. L'impronta space rock nei Transnadežnost' rimane comunque leggermente mitigato rispetto all'approccio improvvisativo più rivolto alle dilatazioni acid-rock di matrice chitarristica, con alcune interessanti variazioni jazz-rock/progressive sottolineate nell'apporto della trombra suonata da Aleksey Gorshkov in due brani ("Star Child" e "Day/Night"); l'atmosfera generale di "Monomyth" è alquanto rilassata, sognante e fumosa il giusto con uno spiccato profumo d'oriente, in più una gradevole ed inevitabile percezione di narcotizzante post-rock. In "Monomyth" siamo immersi nella celebrazione e prosecuzione di un culto universale ben definito che non si fa problemi di oltrepassare le più canoniche frontiere e soprattutto espone fieramente un immaginario ed un retroterra culturale condiviso ed esibito senza compromessi nè cedimenti. Per i Transnadežnost' parliamo quindi di un esordio più che convincente, suonato e registrato con la giusta attitudine: si va in orbita e ben oltre senza troppi sforzi...
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Giovanni Carta
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