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TOMPOX Reincarnation autoprod. 2019 UNG

Che le cose vadano in una direzione parzialmente diversa rispetto ai precedenti album lo si intuisce già dalla prima traccia “Without illusion”, quasi sette minuti a cavallo tra rock sinfonico e potente new-prog, nel quale si fanno largo anche passaggi romantici guidati dal flauto e indirizzi jazz-rock. Si percepisce subito, quindi, una miscela che può apparire artefatta e per nulla omogenea, con alternanza tra momenti di classe ed altri decisamente meno riusciti. Il terzo lavoro di questo progetto guidato dal bassista Tamas “Tompox” Pocs, nei suoi oltre settanta minuti di durata racchiude, in effetti, tutte le contraddizioni che caratterizzano il pezzo di apertura.
L’ex bassista dei Solaris si ripresenta a distanza di sei anni dal precedente disco con una formazione parzialmente rinnovata, un sestetto che vede i confermati Endre Balla alla tastiere e Péter Szula alla batteria e le new entries Sara Dizna Kovacs al flauto e alla voce, Szabolcs Matyas alla chitarra, Istvan Elek al sassofono e Beata Vinzce al canto in un brano. Come accennavamo “Reincarnation” si presenta con una qualità altalenante. Ci sono di sicuro composizioni di notevole bellezza e/o raffinatezza come “Ring of Saturn”, dal quale emerge un certo romanticismo dettato dall’interazione e dagli spunti solistici dei vari strumenti, nonché da spunti cantati in “vocalese”, “Balloon ride” in cui il chitarrista cita il celebre assolo di Jimmy Page su “Stairway to heaven”, “Interstellar”, “Reincarnation”. Me ce ne sono altre che non solo non riescono a raggiungere gli stessi standard di quelle citate, ma suscitano più di una perplessità. In particolare non convincono i contrasti tra aggressività e melodia che appaiono come forzature in diversi brani, così come le scelte timbriche non sempre appaiono messe bene a fuoco. Sembra quasi che in queste situazioni i musicisti si vogliano indirizzare verso lo heavy-prog mantenendosi però frenati, con una chitarra che prova a spingere con impeto, senza però essere seguita dagli altri strumenti che preferiscono andare in altre direzioni. È il caso, in particolare, di “Milfway”, della blueseggiante “Pompeii”, delle venature funky di “Speed limit” d ancora di “Moon express” e di “Old Buda”. Anche la conclusiva “Neverending dream” lascia all’asciutto di emozioni con il suo edulcorato pop sinfonico, nonostante la bella performance vocale della Vinzce.
Con “Reincarnation” i Tompox hanno provato a giocarsi la carta del cambio di direzione, cercando una personalità che però viene a galla solo in certi momenti. Come detto ci sono buone idee ed altre non così buone. Preferivamo Pocs e soci quando si cimentavano in un repertorio stilisticamente molto più vicino alla musica dei Solaris.



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Peppe Di Spirito

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